La mostra, che resterà aperta fino al 4 novembre prossimo (martedì-venerdì 9.30-19.00 / sabato e domenica 9.30-13.00), vuole essere un tributo ad Antonino Salinas, un uomo che dedicò la sua vita agli studi e alla formazione del Museo Nazionale di Palermo, il più antico e prestigioso dell’isola – fondato nel 1814 – da cui, negli anni del dopoguerra, ebbero origine molti dei Musei della città.
L’esposizione, a cura del Direttore del Museo Francesca Spatafora e della responsabile delle collezioni Lucina Gandolfo, sarà allestita nelle quattro sale che si distribuiscono intorno al seicentesco chiostro minore – per la prima volta fruibili al pubblico dopo i restauri – e rappresenta un primo significativo passo verso la riapertura completa dell’importante istituzione cittadina chiusa al pubblico ormai dal 2011.
Attraverso una serie di documenti e di importanti reperti archeologici, si intende porre l’accento su alcuni aspetti della personalità poliedrica del Salinas, soprattutto sulla vastità dei suoi interessi e sull’ampiezza delle sue vedute, sulla modernità del pensiero e sull’attualità delle sue idee, documentando principalmente l’attività dello studioso nel campo dell’archeologia e della raccolta di materiali e opere dell’antichità.
Per ricordare la sua incessante opera di ricercatore e raccoglitore saranno esposte, oltre ad alcuni dei volumi da lui donati al Museo di Palermo e alle onorificenze raccolte nel corso della sua vita, opere provenienti dai suoi scavi a Selinunte (Metopa con Europa sul toro – la più significativa rappresentazione iconografica del mito), a Palermo (vasi preistorici di Valdesi e Moarda), a Tindari (oreficerie), a Salemi, nella basilica cristiana di San Miceli (oreficerie e altri oggetti dai corredi funerari); ma anche reperti recuperati nel territorio come, ad esempio, le ben note edicole funerarie di Lilibeo o le collane di Campobello di Mazara, parte di un ricco tesoro seppellito, con tutta probabilità, in occasione dello sbarco della flotta araba in Sicilia, avvenuto nell'827 d.C.
Link foto opere esposte
L’illustrazione di tale attività sarà affidata soprattutto a immagini d’epoca, per la maggior parte scattate dallo stesso Salinas che fu tra i primi a comprendere l'importanza del mezzo fotografico per la documentazione di reperti e monumenti.
In particolare si porrà l’accento sul concetto di appartenenza pubblica del patrimonio culturale, richiamato in più occasioni da Antonino Salinas:
“Al di sopra della proprietà privata ci sta la proprietà direi quasi della civiltà”, ma anche quello della necessità di rendere viva l’istituzione: “…occorre che tutti godano del nuovo istituto siccome di vera proprietà comune, e si persuadano esser quello il solo posto conveniente a ben conservare le opere d’arte e a studiarle tutti i giorni”.
Fondamentale ed estremamente moderna è anche l’idea di Salinas riguardo alla funzione didattica del Museo da intendersi come luogo realmente “aperto” al pubblico e agli studiosi:
“…Secondo il mio concetto il museo ha da essere scuola; se ne vogliono fare un carcere di monumenti, allora comprino chiavistelli e chiamino un buon carceriere…”
Una lezione da tenere ben presente nel momento in cui il Museo, chiuso da diversi anni per gli impegnativi lavori di restauro che hanno interessato il complesso monumentale della Casa dei Padri Filippini all’Olivella
si rinnova e si appresta a una riapertura che, oltre a prevedere una nuova e diversa organizzazione delle collezioni archeologiche, intende proporre l’Istituzione come un organismo vivo e vitale; non solo, dunque, un polo di attrazione turistica, ma soprattutto un centro di produzione culturale e di qualificazione per l’intero territorio nonché un interlocutore privilegiato per la comunità scientifica nazionale e internazionale.
In linea con la strategia di comunicazione intrapresa nell’ultimo periodo, che rivolge particolare attenzione verso i nuovi mezzi di condivisione sociale usati dai giovani, è stata realizzata una campagna pubblicitaria teaser tramite una serie di short video – da veicolare prevalentemente sulla piattaforma WhatsApp – ispirati a un cinema di genere, lo spaghetti thriller, molto popolare tra gli anni ‘60 e ‘70 e caratterizzato da una surreale creatività.