L'Associazione Sportiva Atletica Amastratina, con il patrocinio dell'amministrazione comunale di Mistretta, mette in scena anche quest'anno " U Viaggiu Dulurusu" nel quartiere "Casazza". In tale realtà urbanistica, posta alla periferia nord-est della città oramai da secoli, fin da 1612, come attestato dal registro delle "Entrate e delle Uscite" della città di Mistretta, si sono svolte le rappresentazioni sacre. Il nome Casazza deriva appunto dalla casacca indossata dai confratelli che recitavano le varie parti delle rappresentazioni. Quest'anno, la rappresentazione sacra prenderà il via da un luogo significativo per la storia amastratina: Largo Progresso, famoso come Chianu i Sammicienzu. Questo slargo, nel cuore del centro storico, esiste da millenni, sin dal periodo romano, quando, nel 258 a. C. i Romani dopo essersi accampati sul pendio di Pizzo Sant'Arianna per molti mesi, riuscirono a conquistare l'antica Amestratus – Mytistratum, passando per l'odierna Porta Palermo. Nel XI secolo venne costruita l'abbazia di Sant'Anastasia, divenuta in seguito Chiesa della SS. Trinità di Mileto in seguito alla donazione a Frate Roberto della contea di Mistretta, da parte di Ruggero II d'Altavilla. Nel XV – XVI secolo venne edificata accanto alla chiesa della SS. Trinità la chiesa di San Vincenzo, che verrà poi demolita nella metà del XIX secolo per far spazio alla Via Libertà , nuovo asse viario dal 1848. La statua di San Vincenzo, venne così trasferita all'interno della chiesa della SS. Trinità, da qui chiamata impropriamente chiesa di San Vincenzo. All'interno della chiesa della SS. Trinità, a pianta ellittica e in stile neoclassico – barocco, sono conservate diverse opere. Il prospetto esterno della chiesa è racchiuso da due campanili normanni sormontati da cuspidi a cono formate da conci di terracotta smaltati di diverso colore. Sulla trabeazione del portale principale, del 1616, è rappresentata la Trinità. In una nicchia al centro del prospetto vediamo una famosa opera dell'artista amastratino Noè Marullo (1857 – 1925): L'angelo della morte, chiamato anche "L'angelo dormiente" o "il risveglio dell'Angelo”. Nel 1875 Sebastiano Arcieri installò nella piazza una fontana, che ancora oggi possiamo ammirare. Nel 1953, Salvatore Gulisano, costruì a Largo Progresso il primo mulino elettrico della zona . Con questi lavori riadattò quello spazio urbano ricostruendo la famosa banchina, eliminando il vespasiano e riposizionando il fonte costruito da Sebastiano Arcieri, che dopo meno di 100 anni, era già stato rimosso.
Durante i lavori di risistemazione della sede stradale, venne trovata una necropoli, della quale, causa il disinteressamento, se ne è persa la memoria storica. Di quella necropoli pare sia rimasta solo una tomba con coperchio monolitico che giace ancora sotto il selciato al di sopra della banchina. Da questa piazza, il percorso si snoda per le vie Arco Petronilla e Vico Nuovo, dove negli anni '90 sono state installate diverse opere d'arte contemporanee, alcune delle quali realizzate dall'artista catanese Natale Platania. Da qui ci si sposta prima in via Rupestre e poi in Via Bari, proprio sul retro della chiesa dei SS. Cosma e Damiano risalente al 1869. Dalla Via Bari il corteo si trasferisce prima in via San Cosimo, e poi nello slargo sottostante l'Arco Petronilla,. Da questa ridente piazzetta si ci sposta per le vie Pier delle Vigne, Manfredi e Federico, che ci rimandano a tre famosi personaggi medievali. Dopo questo saliscendi asimmetrico si prosegue per la via Numea , chiamata in questo modo poichè conduceva alla città, oramai scomparsa, di Noma. All'incrocio della via Numea con la Via Orto Franzone, il corteo si trasferisce prima in Via Diana (per quanto scritto da Carmela Ribaudo nella sua tesi di laurea, nella zona si trovava il tempio di Diana) e poi in via Lattai, nome che ricorda un antico mestiere, quello del lattaio. La via Lattai, a un certo punto, si collega con la via Arroccia, che porta nelle viuzze più recondite della città. Nessuno abita più in quelle case, causa il terremoto del 31 ottobre 1967 e la successiva emigrazione. Due vie sovrastanti la via Lattai ricordano eventi dell'Epopea Garibaldina: una è la via Pietro Daidone, chiamata così poichè proprio in quella strada abitava Pietro Daidone, un calzolaio che il 21 aprile 1860, sfidando la polizia borbonica, issò sui ruderi del Castello di Mistretta il tricolore. L'altra è la via Mentana. In questa viuzza si trova un arco in stile arabo, chiamato da molti "Arcu ri Ianu ", che collega il vicolo alla sovrastante Via Affinna. La rappresentazione sacra, si conclude in via Lapidea (ex via Afflitta). Caratteristica di questo slargo esposto ad ovest e baciato dal sole, segno di speranza e di vita nuova, è imponente l'arco a tutto sesto di un rudere, che ricorda quasi un ambiente romano. Proprio per aver riportato alla luce queste bellezze, lo staff della sacra rappresentazione è soddisfatto in quanto valorizza un quartiere antico e affascinante, spesso dimenticato da tutti.
Francesco Cuva