Un’area che abbonda di storie e leggende, è sicuramente quella del catanese, per via della sua vicinanza al vulcano Etna, ma anche l’agrigentino e il trapanese ne sono stati interessati, e il siracusano. Vediamo insieme quali sono i miti e le leggende più conosciute, che arricchiscono la storia e la bellezza del territorio della provincia di Siracusa.
Il mito più noto a Siracusa è quello della ninfa Aretusa, che dà il nome alla nota Fonte sull’isola di Ortigia: uno specchio d’acqua, sfogo della falda freatica, che alimenta il fiume Ciane e sbocca nel Porto Grande. Un giorno, il giovane Alfeo si innamorò perdutamente della ninfa Aretusa, che era giunta nei boschi del Peloponneso, in Grecia, al seguito di Artemide. Ma Aretusa non ricambiava il suo amore, e rifuggiva quel corteggiamento, avversato e insistente, finché, stanca dei suoi tentativi, la ninfa chiese ad Artemide aiuto per potergli sfuggire definitivamente. La Dea la avvolse così in una spessa nube, che sciolse in seguito in una fonte, sul lido di Ortigia.
Alfeo allora chiese aiuto agli Dei, affinché lo trasformassero in un fiume che, nascendo dalla Grecia e percorrendo tutto il Mar Ionio, si potesse unire all’amata. Secondo il mito, Alfeo esiste a Siracusa nella forma dell’Occhio della Zillica, una fonte d’acqua dolce che sgorga nel Porto Grande di Siracusa, a poca distanza dalla Fonte Aretusa. Oggi, il viale che costeggia la Fonte Aretusa si chiama proprio Lungomare Alfeo.
Al mito di Alfeo e Aretusa è strettamente collegato quello di Ciane e Anapo, parte della più nota leggenda legata al ratto di Persefone e del lago Pergusa. Proprio sulle rive del lago Pergusa, si dice che Persefone (Proserpina per i Romani), venne rapita da Ade, dio degli Inferi, che l’amava da sempre. A nulla valsero le proteste delle sue ninfe, in particolare di Ciane, che aggrappatasi al cocchio di Ade per trattenerne la fuga, venne trasformata in una doppia sorgente turchina (‘cyanos’ in Greco vuol dire appunto turchino). Ma Ade non aveva fatto i conti con il giovane Anapo, segretamente innamorato della bella ninfa, che, alla scomparsa dell’amata, decise di farsi tramutare anch'egli in fiume, l’Anapo, citato anche nel componimento “Albero” di Salvatore Quasimodo, che al termine del suo percorso dal Monte Lauro e presso le Gole di Pantalica, si unisce al corso del Ciane, e insieme a esso si getta nel Porto Grande.
Diodoro Siculo, parlando del viaggio in Sicilia di Eracle, racconta del suo arrivo a Siracusa, presso la fonte del fiume Ciane. Qui, Eracle decise di sacrificare un toro in onore di Persefone e di Ciane, e ordinò ai cittadini di compiere lo stesso, ogni anno. Questo mito trae ispirazione dal ricordo dei ricorrenti sacrifici umani compiuti presso la fonte.
La leggenda delle sorelle Callipigie arriva a noi dallo scrittore greco Ateneo. Le sorelle Callipigie erano due sorelle siracusane che si misero in gara per stabilire quale delle due fosse la più bella. A giudicarle era un giovane, che dichiarò vincitrice la sorella maggiore, di cui si era innamorato. Le due sorelle, per ringraziare la dea dell’Amore, fondarono un tempio dedicato ad Afrodite Callipigia.
La leggenda della Pellegrina (in siciliano, ‘a Piddirina’, e quindi ‘Pillirina’) narra di una giovane donna che un giorno s’innamorò di un marinaio. Il loro amore era però contrastato dai genitori della donna, che avrebbero preferito per lei un uomo più facoltoso. Nelle notti di luna piena, il marinaio e Pirillina s’incontravano, con il favore delle tenebre, per consumare di nascosto il loro amore, presso una grotta. Ma nelle successive notti, col mare agitato, il marinaio non poté presentarsi all’appuntamento. La giovane donna attese, per diversi giorni, ma il marinaio non apparve più. Disperata, decise di gettarsi in mare per togliersi la vita. Da allora, i marinai raccontano che, nelle notti di luna piena, quando i raggi di luce entrano nella grotta della Pillirina, è possibile vedere una donna che attende il suo amato. La cavità carsica, molto conosciuta da appassionati e speleologi, anche esterni al territorio aretuseo, si sviluppa per circa 500 metri, e s’affaccia sul litorale di Punta del Gigante, sulla penisola della Maddalena.
Autore | Enrica Bartalotta