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Cosa vedere a Monterosso Almo.

  • A circa mt. 700 s.l.m. all’interno della catena dei monti Iblei, c’è una piccola cittadina ricostruita dopo il terremoto del 1693.
  • Le colline e le vallate circostanti offrono bellissimi panorami e l’enogastronomia locale regala tante prelibatezze.
  • Scopriamo cosa rende speciale questo piccolo Eden di Sicilia.

I borghi siciliani sono gioielli da scoprire. Oggi facciamo tappa nel comune più settentrionale della provincia di Ragusa. Questo piccolo Eden fa parte del circuito dei Borghi più Belli d’Italia e si trova all’interno della catena dei Monti Iblei. In età normanna si chiamava Lupia (o Casal Lupino), per la presenza dei lupi, oggi lo conosciamo come Monterosso Almo. Questo nome è arrivato in età aragonese, nella forma di Mons Almo o Johalmo. Il toponimo Mons Rubens, cioè Monte Rosso, è datato 1338 e proviene dal Conte Rosso di Messina. Il borgo è andato completamente distrutto dal terremoto del 1693 ed è stato ricostruito in cima al monte, a differenza del paese vecchio, che stava sotto.

I luoghi imperdibili

Tra passeggiate nei siti archeologici, escursioni e trekking nella Valle dei Mulini e sul Monte Casasia, offre un perfetto mix tra natura e cultura. A pochi chilometri da Monterosso si trova il complesso rupestre delle Grotte dei Santi, nell’area di un cimitero cristiano tardo-antico in cui si stabilì un gruppo di monaci. Altri siti archeologici sono l’ipogeo di Calaforno e il sito di monte Casasia.

Dalla contrada di Calaforno si raggiunge una piccola valle, dove si trovano una fitta pineta e un antico mulino ad acqua. Il parco Canalazzi è attrezzato per merende all’aperto. Mulini ad acqua per la molitura del grano operavano nella valle del fiume Amerillo, chiamata per questo Valle dei Mulini. Dagli 836 metri del monte Casasia e dal monte Lauro, si godono straordinari panorami.

Cosa mangiare

La cucina monterossana  è semplice e gustosa, ma soprattutto genuina poiché utilizza i prodotti locali e di stagione. Il pane è la specialità di Monterosso. Tra i prodotti più noti c’è “u scacciuni” delizioso quando è ancora caldo e viene inzuppato con olio, aromatizzato con origano e col “cappuliatu”, pomodoro essiccato al sole. Ci sono anche i pani per le ricorrenze speciali, a forma di seno per la festa di Sant’Agata, di occhi per quella di Santa Lucia o “i cannarozza” per quella di San Biagio (a forma di trachea). Deliziosi i dolci alle mandorle: i “marmarati”, i “maretti” o i “totò” che oltre alle mandorle contengono il cioccolato. Imperdibile il torrone, con miele e zucchero. Presso i panifici e biscottifici locali è possibile gustare anche i biscotti, come i “viscotta  scaurati” (bolliti), i “giammelli” (ciambelle con le uova), gli squisiti e i biscotti al latte per una buona colazione.

Grani antichi, carni e miele

Notevoli le produzioni di diversi cereali, in particolare il frumento, e di legumi tra cui “u ciciruocculu”, la cicerchia, ormai rara e quasi del tutto sconosciuta alle nuove generazioni, con la cui farina si preparano i “patacò” con verdure come cavoli o broccoletti. Fra i primi, i “cavatieddi”, cavati, pasta fatta in casa, arrotolata con le dita e condita con il sugo di maiale. Per le carni c’è un’ampia scelta:, la salsiccia, la carne arrostita di cinghiale, agnello o maiale e per la festa del Patrono “u iaddu chinu”, gallo ripieno con carne, riso e varie spezie. Caratteristici i “pastieri”, pasticcetti di carne tritata di agnello e capretto conditi con pepe, formaggio, uova, nonché le “’mpanate”, costituite da sottili foglie di pasta di farina, farcite con spinaci, salsa, ricotta, carne, broccoli e salsiccia, ecc. Da non dimenticare l’eccellente miele di zagara, di satra (timo selvatico), millefiori e le ottime confetture di marmellate, specie di mele cotogne e la mostarda preparata con il mosto di vino.

 

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