Il processo per l'omicidio di Yara Gambirasio è arrivato alla stretta finale: a quasi due anni dal suo arresto, il pm ha chiesto l'ergastolo per Massimo Bossetti, unico imputato per la morte della ragazza. La sentenza è attesa per metà giugno. Secondo il pm, non è possibile individuare un movente per il delitto, né affermare con certezza che Yara e Bossetti si conoscessero. In aula sono state ricostruite le varie fasi delle indagini e delle vicende che portarono alla morte di Yara.
Per quanto riguarda l'incontro fatale tra la vittima e il suo carnefice, avvenne quasi certamente vicino casa della giovane, non davanti alla palestra. Secondo l'accusa, "O Bossetti l'ha convinta a salire o l'ha tramortita". Al muratore di Mapello vengono contestate anche due aggravanti: la cosiddetta minorata difesa (uomo adulto contro adolescente) e l'aver adoperato "sevizie" e aver "agito con crudeltà".
Yara non sarebbe morta subito dopo l'aggressione, ma nelle ore successive. Secondo quanto riporta Today.it:
Stabilire la durata della sua agonia non è possibile, ha detto il pubblico ministero. La tredicenne, ha ricordato il pm, morì per una concausa delle lesioni subìte e per il freddo. "Avrà provato paura e dolore", ha aggiunto il magistrato che in aula ha ricostruito minuziosamente tutti i passaggi dell'indagine: dalla scomparsa di Yara al ritrovamento del corpo esattamente tre mesi dopo.
Il pm ha quindi sostenuto che chi ha ucciso Yara si è "accanito" sul corpo, circostanza tale da costituire aggravante di crudeltà e sevizie. Yara si trovava "al buio da sola, ha provato dolore e paura, in un posto dove faceva anche molto freddo". Una lenta "agonia" confermata dall'autopsia. Secondo gli specialisti che l'hanno eseguita per la Procura, il cadavere della ragazzina abbandonata al freddo nel campo di Chignolo presentava contusioni e anche ferite da arma bianca, tutte prodotte con la vittima ancora in vita.