Un barcone è naufragato a circa 100 miglia da Lampedusa, in acque libiche. Le vittime accertate sono 14, mentre 240 migranti sarebbero stati tratti in salvo nell’ennesimo naufragio al largo della Libia.
Non si conosce ancora il numero definitivo degli immigrati che viaggiavano a bordo dell’imbarcazione. Sul posto diverse motovedette della Capitaneria di porto, mercantili e aerei.
Fonti della Marina militare sottolineano all’Adnkronos che ”le operazioni di soccorso sono ancora in pieno svolgimento” e che ”è presumibile che il numero dei morti accertati possa salire ulteriormente”.
“Presumo che le vittime del naufragio verranno portate nell’agrigentino, tra le coste di Lampedusa e di Porto Empedocle. Se dovesse essere confermato, la Procura aprirà un’inchiesta “atti relativi” al naufragio”, ha anticipato all’Adnkronos il Procuratore capo di Agrigento, Renato Di Natale, sull’ennesima strage di profughi in alto mare. Naufragio avvenuto in acque territoriali internazionali.
Non si sa ancora dove verranno trasferiti i corpi dalle motovedette che hanno recuperato le vittime del mare. Di Natale coordina anche l’inchiesta sul naufragio del 3 ottobre scorso quando morirono 366 profughi alle porte di Lampedusa.
La priorità dell’Italia ”è salvare vite umane”, ma il problema dell’immigrazione nel Mediterraneo ”deve essere affrontato dall’Unione europea e i miei colleghi lo sanno ”, ha detto il ministro degli Esteri, Federica Mogherini, a margine de consiglio Ue Affari esteri.
“Il governo Renzi deve pretendere dall’Europa soluzioni condivise, urgenti, e soprattutto diverse dalla sola sorveglianza a mare. Altrimenti le stragi in mare non si fermeranno mai”, ha detto all’Adnkronos il sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini. “Ho sempre pensato che la soluzione ‘Mare nostrum’ non fosse la soluzione a regime – dice ancora Nicolini, che segue da Lampedusa il salvataggio in mare dei profughi – Il monitoraggio, il controllo non può essere la soluzione in mare. Il mare non è come la terra. Purtroppo questo dimostra che la soluzione deve essere radicale”. E lancia, ancora una volta, la proposta dei “canali umanitari controllati”. “Se non è possibile dalla Libia – spiega Nicolini – allora lo si faccia dall’Egitto. La Siria è un problema che va affrontato con la gravità che merita”.