I soldi sono finiti, tant'è che le bollette non vengono pagate da mesi. E l'apertura delle scuole superiori, fissata per il 14 settembre, è in bilico in quasi tutte le province siciliane. La prospettiva è di aprire parecchi istituti senza servizi essenziali come luce e acqua. I presidi hanno lanciato l'allarme nei giorni scorsi in una riunione riservata con l'assessore agli Enti Locali, Luisa Lantieri. "La Regione non sa dove trovare i finanziamenti. Lo Stato ci aiuti altrimenti l'apertura dell'anno scolastico resterà un rebus", ha tristemente detto.
La Finanziaria regionale bis, che avrebbe stanziato 19 milioni, non è stata approvata per via di scontri politici e una nuova manovra non è prevista prima di fine settembre. Da qui nasce l'emergenza, che più di tutti sta colpendo le province di Enna, Caltanissetta, Siracusa, Ragusa e Agrigento. A Palermo, Messina e Catania la nascita delle Città Metropolitane dovrebbe dare invece ossigeno a breve. "Quando esistevano le Province le bollette venivano pagate da questo ente. Ora sono state fatte delle deleghe che scaricano tutta la responsabilità sui presidi, a cui però quest'anno non sono stati erogati i fondi necessari. Le utenze non sono state pagate nella maggior parte dei casi. Così le scuole non possono aprire", spiega al "Giornale di Sicilia" Adriana Rabita, leader dell'associazione dei presidi ennesi
Il problema riguarda gli istituti superiori, gestiti appunto dalle Province, mentre le medie e le elementari sono sotto il controllo dei Comuni e quindi salve. Per protestare contro questa carenza di fondi i presidi ennesi stanno rimettendo al commissario della Provincia le deleghe per la gestione dei contratti di servizi. L'emergenza è frutto del passaggio dalle Province ai Liberi Consorzi: dichiarate morte le prime, non sono ancora nati i secondi. Da inizio anno le scuole superiori non ricevono fondi. E nessuno sa come finanziarle in questa fase di transizione.
"Il problema delle bollette non pagate riguarda tutte le province, anche se è più avvertito in quelle minori. Chi è riuscito a pagare le bollette lo ha fatto utilizzando risorse che erano in cassa ma che erano destinate alla manutenzione ordinaria o, peggio ancora, alla didattica", spiega Maurizio Franzò, leader regionale dell'associazione dei presidi, che avverte: "Le bollette non verranno pagate e dopo le minacce qualche fornitore potrebbe andare avanti nel progetto di tagliare. È la brutale conseguenza dell'ennesimo caso di cattiva gestione della cosa pubblica, dell'inerzia delle forze politiche che hanno rimandato l'approvazione delle indispensabili variazioni del bilancio regionale al dopo ferie".
E così per evitare il rischio di tenere chiuse le scuole bisogna prepararsi a contenziosi giudiziari. A Palermo l'emergenza dovrebbe avere ricadute minori: "Finora le bollette sono state pagate ma solo grazie ad anticipazioni di cassa. La situazione è comunque grave perché non ci sono più margini per anticipazioni. La Regione deve fare qualcosa", spiega Gaetano Pagano, leader dell'associazione dei presidi palermitana.
I presidi hanno chiesto un incontro con Crocetta prima dell'inizio dell'anno scolastico. Nell'attesa è la Lantieri che sta tentando di fare da argine alla protesta: "Stiamo provando a sbloccare in via amministrativa una parte delle risorse ma di certo non i 28 milioni che erano previsti per le Province in questa fase. Il problema è che l'Ars a inizio agosto non ha voluto approvare almeno questo stanziamento sganciandolo dalla Finanziaria bis prima che questa naufragasse. E un altro problema è che non sappiamo ancora come suddividere questi primi fondi fra le varie Province. Normalmente dovremmo privilegiare quelle minori perché le altre avranno altre risorse grazie all'attivazione delle Città Metropolitane ma in questa fase di gravi carenze dubito che qualcuno rinunci in favore di altri. Oltre a queste prime risorse non c'è un euro disponibile e l'Ars deve fare in fretta ad approvare la Finanziaria bis. Anche perché non tutti i soldi disponibili andranno alle scuole visto che bisogna anche pagare gli stipendi dei dipendenti delle Province".