Nina Siciliana, prima poetessa in volgare.
- Tra le donne siciliane passate alla storia, ve ne è una celebre per i suoi versi.
- Si tratta di un personaggio siciliano misterioso, la cui vicenda è avvolta dalla leggenda.
- Sarebbe stata proprio una siciliana la prima donna a poetare in volgare: ecco quando.
Nina Siciliana, Nina da Messina o Monna Nina: tanti nomi per una importante donna di Sicilia, la cui storia è avvolta dal mistero. Proprio lei, infatti, si contende con la fiorentina Compiuta Donzella il titolo di prima poetessa in lingua volgare. In realtà, ci sono anche altre donne i cui nomi sono associati a questo primato della poesia, ma sia di Nina che di Compiuta Donzella vi sono degli scritti, quindi sono le due che più si contendono l’ambito primato. Andando avanti con la lettura, scoprirete che la storia di questa siciliana è incredibilmente affascinante, per più di un motivo. Si muove, infatti, lungo quel sottile confine che sa unire realtà e leggenda. Non vogliamo anticiparvi nulla, quindi cominciamo subito e proprio dall’inizio.
La storia di Nina, prima poetessa in volgare e siciliana
Per prima cosa, sappiate che di questa siciliana illustre non ci è dato di conoscere il nome completo e neppure il luogo di nascita. Secondo alcuni studiosi, infatti, sarebbe nata a Messina. Per altri, invece, avrebbe avuto origini palermitane. La data di nascita viene collocata nel 1240 o nel 1290. A quanto pare, inoltre, sarebbe stata di nobile rango, poiché le donne di un ceto inferiore non avevano educazione, né frequentavano le corti in cui circolava la cultura. Per quanto riguarda la contesa tra Palermo e Messina, è legata a più fattori. Intorno alla corte palermitana di Federico II di Svevia, infatti, ruotava la scuola poetica siciliana. Qui confluivano gli intellettuali di tutto il Mediterraneo. Nina Siciliana sarebbe venuta a contatto con la poesia che fioriva a corte e con quella trobadorica, proveniente dalla Francia. Si sono trovate alcune analogie tra le sue opere e quelle delle trobairitz, le poetesse provenzali. Vediamo anche cosa la legherebbe a Messina.
A Messina era presente una rappresentanza della scuola poetica siciliana, con Guido e Oddo delle Colonne. Evidentemente la poetessa li conosceva. Al di là delle origini, c’è un vero e proprio mistero relativo alla reale esistenza della poetessa siciliana. Era molto difficile che le donne potessero ritagliarsi uno spazio nel mondo della cultura e, salvo rari casi, non studiavano. A coltivare la poesia erano più che altro nobildonne mecenati, ma non letterate. Il fatto che, però, ancora oggi si parli di Nina Siciliana e della sua storia, sembra sostenere la tesi che sia realmente esistita. Continuiamo, dunque, a scoprire le sue vicende.
Nina Siciliana e Dante da Maiano
Come abbiamo anticipato, la conosciamo con diversi nomi, tra cui anche Nina da Messina, Monna Nina e Nina del Dante. Proprio quel Nina del Dante è legato a un avvenimento di “cronaca rosa“. Avrebbe avuto, infatti, una corrispondenza poetica con il poeta toscano Dante da Maiano. Questi, a quanto pare, se ne era innamorato semplicemente leggendo i suoi versi e il loro amore si consumò a colpi di versi. Ecco cosa scriveva Dante da Maiano:
“La lode e ‘l pregio e ‘l senno e la valenza/ ch’aggio sovente audito nominare, gentil mia donna, di vostra plagenza/ m’han fatto coralmente ennamorare, e miso tutto in vostra conoscenza/ di guisa tal, che già considerare/ non degno mai che far vostra voglienza: sì m’ha distretto Amor di voi amare. Di tanto prego vostra segnoria: in loco di mercede e di pietanza/ piacciavi sol ch’eo vostro servo sia; poi mi terraggio, dolze donna mia, fermo d’aver compita la speranza di ciò che lo meo core ama e disia”.
Della relazione – solo poetica – tra Nina e Dante da Maiano rimangono solo questi versi e una risposta. Quei pochi versi, tuttavia, lasciano emergere il vivace fuoco interiore di Nina. Non solo la nostra seppe servirsi con maestria della lingua volgare, ma seppe anche introdurre il punto di vista femminile e, nel sonetto di risposta, inserì anche un acrostico, nascondendo il nome del suo interlocutore tra i versi e mostrando grande padronanza tecnica. Nina mette al centro l’io femminile, infrangendo quella tradizione lirica stilnovista che vedevano la donna come mero oggetto di contemplazione. Ecco cosa scrive al poeta, con sicurezza e intraprendenza:
“Qual sete voi, si cara proferenza, Che fate a me senza voi mostrare? Molto m’agenzeria vostra parvenza, Perché meo cor podesse dichiarare. Vostro mandato aggrada a mia intenza; In gioja mi conteria d’udir nomare/ Lo vostro nome, che fa proferenza/ D’essere sottoposto a me innorare. Lo core meo pensare non savria/ Nessuna cosa, che sturbasse amanza, Così affermo, e voglio ognor che sia, D’udendovi parlar è voglia mia: Se vostra penna ha bona consonanza/ Col vostro core, ond’ ha tra lor resia?”
La poesia di Nina Siciliana
Nina Siciliana è considerata da molti una vera e propria rivoluzionaria, che ha aperto la strada alle poetesse del XV e XVI secolo. Tanti studiosi e nomi illustri si sono interessati alla sua vicenda. Pensate che Alessandro Tassoni le ha dedicato una voce all’Accademia della Crusca, per Foscolo fu una novella Saffo. De Sanctis ne elogiò il volgare raffinatissimo e la poetessa Mariannina Coffa l’annoverò nel Parnaso siciliano. Nicolò Tommaseo notò la superiorità del suo sonetto rispetto a quello di Dante Maiano a cui risponde. Fino al 1930, faceva parte del Pantheon degli Illustri di Sicilia nella chiesa di San Domenico a Palermo (fu rimossa per dar spazio a un generale della Prima Guerra Mondiale). A ulteriore dimostrazione della sua bravura, abbiamo ancora un sonetto da farvi leggere.
La poetessa siciliana nella storia
Il filologo Francesco Trucchi, un toscano del XIX secolo, attribuì alla poetessa siciliana il sonetto “Tapina me”, presente nel codice Vaticano Latino 3793, definendolo un “prezioso gioiello”: “Tapina me che amava uno sparviero, amaval tanto ch’io me ne moria; a lo richiamo ben m’era maniero, ed unque troppo pascer nol dovia. Or è montato e salito sì altero, assai più altero che far non solia; ed è assiso dentro a un verziero, e un’altra donna l’averà in balìa. Isparvier mio, ch’io t’avea nodrito; sonaglio d’oro ti facea portare, perché nell’uccellar fossi più ardito. Or sei salito siccome lo mare, ed hai rotto li geti e sei fuggito, quando eri fermo nel tuo uccellare”. Che aggiungere? Il mistero intorno al nome di Nina Siciliana non fa altro che accrescerne il fascino. Continueremo a pensare a lei come prima donna a poetare in volgare: poco importa se sia nata a Palermo o a Messina. Fu una siciliana, di nome e di fatto.