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Nino Agostino: chi era, perché è stato ucciso, la lotta del padre Vincenzo alla ricerca della verità

Nino Agostino (all’anagrafe Antonino) è stato un poliziotto siciliano, ucciso per mano mafiosa. Nato a Palermo, il 29 marzo del 1961, è morto il 5 agosto del 1989, quando non aveva ancora compiuto 28 anni, mentre si trovava a Villagrazia di Carini. Era in servizio al commissariato di San Lorenzo, nel capoluogo.

Il 5 agosto del 1989 era insieme alla moglie Ida Castelluccio, sposata un mese prima e incinta di due mesi. La sorella Flora festeggiava i 18 anni e Antonino era andato insieme alla consorte al villino dei genitori, sul lungomare Colombro. Intorno alle 19,40, prima prima di andare via, i giovani coniugi erano andati dal vicino per mostrargli l’album di nozze. Improvvisamente è arrivata una motocicletta con due persone, che hanno aperto il fuoco.

Nino Agostino

Nino Agostino ha avuto il tempo di aprire il cancello e fare scudo alla moglie ma, colpito da diversi proiettili, è morto all’istante. Ida urlò e, da terra disse agli assassini “Vi conosco”. Uno dei due le ha sparato al cuore. Subito uscirono i genitori di Nino: purtroppo per il poliziotto non c’era più niente da fare, la moglie fu portata in ospedale, ma morì pochi minuti dopo il ricovero.

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Le ombre sulla morte di Nino Agostino

La notte della morte, venne perquisita l’abitazione dei coniugi defunti, dalla quale furono portati via alcuni appunti su indagini importanti che Antonino stava conducendo. Nel suo portafogli c’era un biglietto che indicava queste memorie come risolutive per spiegare un suo eventuale e temuto assassinio. Ai funerali di Antonino Agostino e Ida Castelluccio, tenutisi la mattina del 7 agosto 1989, erano presenti i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Vincenzo Agostino, padre di Nino Agostino

Per mesi, venne seguita per le indagini una sviante “pista passionale”, ma il padre Vincenzo Agostino, morto il 21 aprile del 2024, ha cercato sin dal primo momento la verità. Tra le piste seguire nel tempo, una che ricollega le indagini di Agostino all’attentato dell’Addaura del 1989. Vincenzo Agostino non si è più tagliato la barba dal giorno del duplice omicidio, come forma di protesta per l’occultamento della verità sulla morte del figlio e della nuora: ha raccontato diverse volte che prima dell’omicidio del figlio ricevette la visita di due uomini, di cui uno biondo con la faccia butterata, che cercavano il figlio, qualificandosi come “colleghi“.

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Sono seguiti anni di processi e indagini, con interventi di numerosi collaboratori di giustizia. Anni in cui Vincenzo Agostino non ha mai smesso di ricercare la verità e ha confermato un impegno costante, pesante e non privo di dolore.

Le indagini

Si è cercato di identificare in più occasioni il fantomatico “faccia da mostro” visto da Vincenzo Agostino, con richieste al SISDE dei nomi degli agenti segreti che operavano a Palermo alla fine degli anni Ottanta, ma senza avere risposta. Nel 2016, durante un confronto all’americana disposto dal Gip di Palermo, il padre di Nino Agostino riconobbe Giovanni Aiello come quell’uomo con la faccia butterata che aveva cercato il figlio prima dell’omicidio. Aiello, però, morì di infarto l’anno dopo.

Una svolta significativa si ebbe nel 2021, quando l’inchiesta ha portato a una sentenza di condanna in rito abbreviato nei confronti di Antonino Madonia, boss mafioso della famiglia di Resuttana e condannato a 7 ergastoli come responsabile di vari omicidi. Per gli altri imputati il processo continua.

La condanna per l’omicidio di Nino Agostino

È la vittoria della magistratura onesta. Questa è una loro vittoria, ma principalmente di mio figlio, che non si è mai fatto corrompere. Una grande giornata quella di oggi. Mi dispiace che mia moglie non sia qui con noi“. Sono state le parole di Vincenzo Agostino, dopo la condanna.

“Agostino – ha scritto l’Agi il 19 marzo del 2021 – faceva parte, insieme a Emanuele Piazza, Giovanni Aiello (detto ”Faccia da mostro”), Guido Paolilli (anche lui agente della polizia di Stato che aveva provveduto a reclutare lo stesso Agostino), e altri componenti allora apicali dei Servizi di sicurezza, di una struttura di intelligence che, “in fase di reclutamento”, spiega la Dia, “veniva rappresentata con la finalità della ricerca di latitanti, ma che in realtà si occupava di gestire complesse relazioni di cointeressenza tra alcuni infedeli appartenenti alle istituzioni e Cosa Nostra”.

È venuto fuori, pure, “da molteplici prove”, che Agostino aveva, nell’ultima parte della sua vita, compreso le reali finalità della struttura cui apparteneva. A quella struttura Agostino aveva offerto una pista “molto seria” – legata a familiari della moglie – per giungere alla cattura di Totò Riina a San Giuseppe Jato e da essa si era allontanato poco prima del suo matrimonio, “fatto – sottolineano il pg – che era stato posto a fondamento della decisione di uccidere lui e la moglie”.

Il 5 agosto 2011 una lapide commemorativa per ricordare l’omicidio dell’agente Nino Agostino e della moglie Ida Castelluccio è stata installata sul lungomare Cristoforo Colombo di Villagrazia di Carini (Palermo).

Redazione