Svolta nelle indagini sull'omicidio di Vincenzo Bontà e Giuseppe Vela, uccisi a Villagrazia di Palermo il 3 marzo scorso. L'esame del Dna conferma che a sparare è stato Carlo Gregoli, fermato due giorni dopo il delitto insieme alla moglie Adele Velardo. L'uomo avrebbe premuto più volte il grilletto contro le vittime. Dalle analisi è emerso che su un bossolo trovato a terra c'era il dna di Gregoli. Nel corso del lungo sopralluogo era stato refertato del materiale biologico trovato sul bossolo.
Quel materiale biologico è stato confrontato sia con un guanto trovato all'interno della macchina del killer che con il Dna di Gregoli ed è stata riscontrata una comparazione positiva. Tra gli esami effettuati dopo i fermi anche quelli finalizzati alla ricerca di tracce di polvere da sparo. Gli esami del Dna, dunque, confermano la tesi degli investigatori, anche se resta poco chiaro il movente. Dalle indagini infatti non è emerso con chiarezza cosa abbia spinto i due coniugi ad assassinare le vittime.
A portare la polizia alla coppia di insospettabili sono state le immagini di una telecamera piazzata nella zona del delitto e le rivelazioni di un testimone oculare. Un ignaro passante che ha prima udito le esplosioni, poi dallo specchietto retrovisore dell'auto su cui viaggiava ha assistito alla fase finale del delitto, quella in cui Gregoli avrebbe sparato alla nuca a Bontà, già ferito e inerme a terra.
Un'esecuzione vera e propria che, insieme al nome della vittima, figlio di un capomafia e genero dello storico boss Giovanni Bontate, aveva inizialmente fatto pensare a un omicidio di mafia e prefigurare un'imminente guerra tra clan. Nulla di vero. Gregoli e la moglie furono fermati la notte dopo l'omicidio al termine di un lunghissimo interrogatorio, ma non hanno mai ammesso le loro responsabilità.