Giganti o elefanti? Gaetano Basile ci racconta una curiosità sulla città di Palermo e sul ritrovamento di alcune ossa giganti. Una vicenda che ci porta indietro nel tempo, quando avvenne uno scontro tra Cartaginesi e Romani…
La curiosità su Palermo alla maniera di Gaetano Basile
In occasione del Festival RestART, lo storico Gaetano Basile ha dedicato una serie di approfondimenti al capoluogo siciliano. Si è soffermato su diversi aspetti, svelando la storia e le storie dei luoghi.
Durante la serata dedicata a “Palermo e i suoi fiumi“, ha rivelato molte curiosità poco note, abbracciando moltissimi argomenti. Parlando del fiume Oreto, ha chiamato in causa Polibio. Nel 251 a.C. la città fu teatro di uno scontro tra Cartaginesi e Romani. I Romani, spiega Basile, erano a Palermo, mentre i Cartaginesi stavano scendendo al di là del fiume Oreto diretti verso la città.
I Cartaginesi avevano gli elefanti: si parla addirittura di 50 elefanti, ma c’è chi dice fossero anche di più. Comunque questi elefanti furono il terrore dei soldati romani. “Pensate a una carica di elefanti e vi renderete subito conto che non è la cosa di babbiare (scherzare). Cecilio Metello fece subito fare difese contro gli attacchi degli elefanti, attraverso la costruzione di alcuni fossati.
Questi fossati sono ancora visibili: la celebre fossa della Garofala, non è altro che il resto di uno di essi. Naturalmente Cecilio Metello diede ordine di attaccare soprattutto gli elefanti, colpendoli con frecce e giavellotti, e questo povere bestie ferite non obbedirono più al loro conduttore.
Tornarono indietro e andarono a morire al di là del fiume Oreto da cui erano venute. Restarono lì fino a quando non si fecero degli scavi e si trovarono le loro ossa. “Naturalmente i nostri nonni non avevano letto Polibio, non sapevano di una battaglia del 251 avanti Cristo e allora interpretarono sempre le cose a loro favore”, ci spiega Gaetano Basile.
“Di chi sono queste ossa così grandi e gigantesche? Nacque così la leggenda dei nostri avi giganti. Cioè la vendetta del piccolo, brutto e peloso, insomma. I nostri avi alti 4-5 metri!”. Bisognerà aspettare il 1831 per fare un po’ di chiarezza e un trattato scritto da Domenico Scinà.
“Ma quali ossa dei parenti giganti! Noi siamo sempre stati piccoli, lari e pilusi (pelosi)”, conclude Gaetano Basile. “Sono ossa di elefanti, si trovano ancora oggi al Museo Gemmellaro”.