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Il detto siciliano “pari ‘na strummula” affonda le sue radici nel gioco tradizionale della “strummula”, meglio conosciuto come la trottola. Questo antico gioco di strada ormai quasi perduto non era un semplice passatempo, ma di un simbolo di ingegno e socialità, capace di raccontare molto sul modo di vivere dell’isola.

Un gioco antico che sa di Sicilia

La strummula, un semplice oggetto di legno con un puntale di ferro al centro, attorno al quale si avvolgeva una corda, era uno dei giochi preferiti dai bambini di un tempo, ma anche un passatempo che coinvolgeva adulti in sfide piene di abilità.

Il gioco consisteva nel lanciare la trottola all’interno di un quadrato disegnato a terra con il gesso, mantenendola in rotazione il più a lungo possibile e tentando di far uscire le altre trottole. Chi per primo vedeva la propria strummula fermarsi o uscire dai confini del gioco perdeva, subendo la cosiddetta “pizziata”: una sorta di punizione rituale in cui il vincitore colpiva la trottola del perdente con la punta di ferro, sette volte. La trottola sopravvissuta poteva tornare a giocare.

L’origine della strummula risale a tempi antichi. Si ritiene che persino i greci e i romani avessero giochi simili, con versioni diverse chiamate “strobilos” e “turbo”, rispettivamente. I romani disegnavano un cerchio diviso in settori numerati, e il gioco prevedeva l’accumulo di punti colpendo e allontanando le trottole avversarie. Questa competizione poteva essere feroce, con il vincitore che poteva scegliere se distruggere o risparmiare le trottole perdenti.

Il significato del detto siciliano “pari ‘na strummula”

Da questo gioco antico è nato il detto siciliano “pari ‘na strummula” usato per descrivere chi sta sempre in movimento, energico e instancabile, come una trottola inarrestabile. Pronunciare questa espressione in Sicilia significa riconoscere l’energia e il movimento continuo di chi continua a girare, appunto, come una trottola.

La Strummula - Foto di Michele Cricchio

Pari ‘na strummula non è l’unico detto che nasce da questo gioco antico. Ricordiamo, per esempio, il modo di dire “ma chi fa sbattisti u strummulone?”, che sta ad indicare chi si comporta in modo bizzarro o fuori dagli schemi, come se avesse “sbattuto” la testa, proprio come le trottole quando si scontravano fra loro o “Sunnu u lazzu e a strummula“, ovvero “sono come il laccio e la trottola“, che fa riferimento a due persone che stanno sempre insieme e sono inseparabili, proprio come la “strummula” e la sua corda.

Oggi, l’eco della strummula non si è spento. Anche se la modernità ha sostituito molti giochi di strada con versioni digitali, il fascino della strummula sopravvive nei racconti di chi l’ha vissuta e, sorprendentemente, nelle app per smartphone.

Esistono giochi online come “U Tuppettu”, la strummula in catanese, che replicano l’esperienza del celebre gioco di strada, in cui si possono personalizzare i colori e le sfide avvengono virtualmente, mantenendo vivo il ricordo dell’antica tradizione siciliana.

La strummula, con la sua storia secolare, rimane un simbolo di vitalità e tradizione nella cultura siciliana. Anche se i tempi sono cambiati e le strade non risuonano più del tipico ronzio delle trottole, il detto “pari ‘na strummula” continua a vivere, tramandando il ricordo di un’epoca in cui la semplicità di un gioco sapeva unire e divertire intere comunità.

Foto principale Flickr e foto interna Wikipedia

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