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Parole Siciliane intraducibili: cosa vorrà mai dire? La lingua siciliana è meravigliosa e musicale: ci sono alcuni termini che, quando sono tradotti in italiano, perdono irrimediabilmente la loro forza. Per rendere al meglio, dunque, devono rimanere esattamente così come sono. Queste parole racchiudono la tradizione di Sicilia, come i proverbi  gli indovinelli. Quando parliamo di “intraducibili“, non intendiamo dire che non esiste un corrispettivo in italiano. La questione è un po’ diversa. Il punto è che se le traducessimo, perderebbero tutto il loro fascino! Immaginate, ad esempio, di sostituire “murritusu” con “discolo”: non c’è proprio paragone. Lasciamo queste parole siciliane così come sono, dunque: pensare in siciliano, prima di parlare in siciliano, sarà ancora più bello!

Le Parole Siciliane Intraducibili

  1. Azzizzare. Significa mettere a posto, aggiustare, fare in modo che qualcosa funzioni.
  2. Ammatula. Vuol dire “inutilmente” o “invano”. Avrete sicuramente sentito il modo di dire “longo a matula”.
  3. Ntzù. Lo schiocco della lingua, un suono che dice tutto. Lo sappiamo, non è tecnicamente una parola, ma viene usata come tale. È un modo per dire no, che rende più di ciò che si può dire.
  4. Camurria. Vuole dire “noia”, “seccatura”, ma è molto più efficace. Quante volte avete sentito dire “Mi, che camurria!”?.
  5. Annacari. Significa “cullare”, “dondolare” ma anche, in generale, dovere gestire qualcosa. “Ora te lo annachi tu!”.
  6. Arriminarsi. Diverso dal semplice “arriminare”,  che vuol dire “rimescolare”, usato in questa forma vuol dire “sbrigarsi”, “darsi una mossa”.
  7. Murritusu. Questa parola vuol dire “discolo”.
  8. Nicareddra. Non c’è modo migliore per dire “piccolina”: il suono stesso di questa parola è dolce, come la si può tradurre in italiano?
  9. Strafalariu. Ha il significato di “chiassoso” o “volgare”.
  10. Schiffaratu. Si utilizza per indicare qualcuno che non ha nulla da fare, cioè  non ha “chiffari”. Ma quanto è meglio di un semplice “non indaffarato”?

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