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Le architetture pastorali di Sicilia.

Tra la Sicilia e la tradizionale attività pastorale esiste un legame molto stretto. Da tempo immemore l’uomo provvede alle greggi e al bestiame, stando a contatto con la natura e adattandosi a ogni condizione atmosferica. La necessità di trovare riparo, anche temporaneo, ha indotto i pastori siciliani a dotarsi di piccole architetture rustiche, perfettamente integrate nel paesaggio e realizzate con materiali forniti della natura. A loro serviva un luogo per riposare, ma anche per piccoli lavori da fare con gli animali riuniti, come mungitura, caseificazione, marchiatura e tosatura. Dall’ingegno sono nate così le architetture “pastorali”, testimonianza della storica vocazione alla pastorizia di diversi luoghi della nostra regione. Approfondiamo le tipologie di rifugi e scopriamo tante curiosità in merito. Mettetevi comodi, perché conosceremo insieme una bellissima pagina di cultura siciliana.

Rifugi dei pastori siciliani: tipi e caratteristiche

Le tecniche e le tipologie dei rifugi dei pastori siciliani rimandano a strategie e mezzi quasi primitivi. Si tramandavano da padre in figlio, come preziosa forma di sapere. Sfruttando elementi della natura, come grotte, fili di roccia e siepi, anche nelle zone più aspre si riuscivano a creare luoghi per la custodia e il riparo. Se, invece, c’era un qualche materiale da costruzione, come pietrame, legno e fibre vegetali, si creavano strutture più o meno complesse, anche con funzione abitativa. A seconda delle zone, se ne rintracciano di tipi diversi. Vediamo quali sono.

  1. Il Casottu è il tipo di edificio più diffuso. Chiamato anche “casudda” o “casidda”, è in muratura a secco, con pianta rettangolare e con copertura in travetti e tegole di cotto a una sola falda. L’altezza è minima e c’è un solo ingresso. All’interno c’è un fondo in terra battuta, con “cufularu” al centro. Pochi incavi alle pareti, mensole e “perci” per l’appoggio delle suppellettili, giacigli, scanni e riserve di legna.
  2. Il Pagghiaru è un rifugio temporaneo, solitamente associato a un recinto per animali e uno spazio per attività lavorative. Tipica capanna circolare, con alcune varianti, consta di un perimetro di pietre a secco, raramente in pietra quadrata. Il muro, spesso con una sola apertura d’ingresso, raggiungeva l’altezza massima di un metro e mezzo. Al di sopra, una copertura conica, con soli tronchi incrociati in alto, con le terminazioni a forcelle legate da corde vegetali. Sulla sommità, foglie larfhe e secche, trattenute da trecce, che impermeabilizzassero dall’acqua piovane. Alle falde, arbusti di giungo o ginestra e foglie.
  3. Nei Nebrodi è diffuso il Pagghiaru Longu, con una variante madonita e nel centro della Sicilia, a pianta ovaleggiante e terminazione allungata. La copertura vegetale è organizzata intorno a un travicello orizzontale di culmine, che poggia su un palo centrale e su pali obliqui. Differente è il Pagghiaru d’i cravunara, cioè la capanna dei carbonai, su un basso corridoio di pietre ma prevalentemente con elementi vegetali, rivestita da toppe di terreno (“tufùna”).
  4. Per quanto riguarda le strutture con pietra, le principali sono sicuramente i Cubburi (Cupoli, Cubbi), con coperture pseudocupolari (tipo tholos, con un progressivo aggetto delle scaglie di pietra). Si trovano nella parte orientale dei Nebrodi, nella regione etnea e nella valle dell’Alcantara, in alcune zone degli altipiani Erèi e dei Monti Sicani, nelle Eolie.
  5. Chiudiamo la rassegna con i Recinti. Elemento fondamentale del màrchitu (l’insieme degli spazi e delle edificazioni) è il recinto ottenuto con muretti a secco (zaccunu, zacchinu, zaccuru, mannira). L’andamento, solitamente irregolare, segue il terreno, saldandosi a formazioni rocciose talvolta con struttura megalitica (Polverello). Strutture di questo tipo hanno forme regolari nella zona dell’Alcantara (pianta rettangolare) e nella provincia di Enna, dove ad esempio è possibile individuare recinti assolutamente circolari. Foto di Manuela Greco.

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