Tra le figure femminili che hanno scritto la storia della Sicilia, c’è anche quella di Peppa la Cannoniera, all’anagrafe Giuseppa Bolognara Calcagno. Peppa nasce a Barcellona Pozzo di Gotto, nel 1826 (secondo alcuni nel 1846).
Il cognome le derivò dalla nutrice alla quale fu affidata, poiché venne abbandonata dai genitori naturali. Trascorse l’infanzia in un orfanotrofio di Catania e, crescendo, divenne serva di un oste catanese.
Agli occhi della società dei tempi Giuseppa viveva un’esistenza dissoluta, poiché aveva una relazione con un uomo molto più giovane di lei. Il giovane, stalliere di professione, si chiamava Vanni e pare che per il legame con lui la donna si ritrovò coinvolta nei moti rivoluzionari per l’Unità d’Italia, avvenuti nel 1860.
Il 31 maggio di quell’anno ebbe luogo un’insurrezione antiborbonica nella città di Catania e gli insorti, guidati dal colonnello Giuseppe Poulet, resistettero all’attacco delle truppe napoletane.
In quell’occasione Peppa, durante gli scontri, prese alcune sue iniziative. Chiudendo la porta del palazzo Tornabene, si impadronì di un cannone incustodito, tirandolo a sé. Con l’aiuto di una fune e di altri patrioti a lei vicini, sparse della polvere da sparo sulla bocca del cannone e le diede fuoco, simulando un colpo di cannone.
Attese che la cavalleria dei soldati borbonici si avvicinasse. Questi erano sicuri che il cannone fosse scarico e si lanciarono alla carica, per riguadagnare il terreno perso. La donna, rimasta coraggiosamente immobile nella sua posizione, li attendeva pronta a sparare. Così colpì l’esercito borbonico e si mise in salvo. Vanni, però, non riuscì a sopravvivere alla battaglia.
Scappata dal luogo degli scontri, Peppa portò in salvo il cannone fino a Mascalucia, sede del quartier generale dei rivoluzionari favorevoli alla formazione dell’Italia. Quando il 3 giugno le truppe napoletane si ritirarono da Catania, Peppa rimase con i rivoluzionari, svolgendo il ruolo di vivandiera.
Ma quando venne il momento di espugnare Siracusa, decise di prendere parte alle nuove battaglia, ma togliendosi gli abiti femminili, a favore di quelli maschili.
Da allora non indossò più gonne indumenti femminili. Assunse un comportamento molto mascolino, passava il tempo nelle caserme a fumare e bere. Finite le insurrezioni, compiuto l’unità nazionale, fu decorata con la medaglia d’argento al valor militare. Si hanno notizie di lei a Catania fino al 1876. Poi le fonti storiche non ne danno più notizia.