Sono passati 45 anni dal giorno in cui Peppino Impastato, il giornalista e militante di Democrazia Proletaria fu barbaramente ucciso dalla mafia e il suo corpo dilaniato ritrovato sui binari della ferrovia di Cinisi.
Era il 9 maggio del 1978, lo stesso giorno del ritrovamento del cadavere di Aldo Moro in via Caetani, dopo 55 giorni di prigionia nelle mani delle Brigate Rosse, circostanza che ha del tutto oscurato il caso, passato allora come un attentato terroristico suicida. Due destini incrociati, accomunati da un tragico epilogo.
Il giovane militante antimafia, figlio del boss mafioso Luigi Impastato, che dalla sua Radio Aut sbeffeggiava politici e mafiosi, mettendo a nudo le collusioni tra i due sistemi, fu portato in un casolare poco distante dall’Aeroporto di Punta Raisi, tramortito con dei colpi di pietra e poi fatto a pezzi con 6 kg di tritolo.
A distanza di anni, dopo i tanti depistaggi da parte delle forze dell’ordine e della magistratura, grazie alle dure battaglie condotte dalla madre Felicia Impastato e dal fratello Giovanni Impastato, oggi sappiamo chi è stato il vero mandante del brutale assassinio: il boss mafioso Gaetano Badalamenti, soprannominato lo “Zu Tanu”, zio dello stesso Peppino.
La mafia aveva architettato la messinscena per far credere a un atto terroristico, ma la forza e l’instancabile lavoro dei familiari di Peppino Impastato ha permesso di fare emergere la verità.
Ripercorriamo insieme la sua storia.
Nato e cresciuto a Cinisi in una famiglia mafiosa (il cognato del padre era il boss Cesare Manzella), Peppino Impastato decide presto di impegnarsi sul fronte politico e culturale, con particolare riguardo alla lotta antimafia, un argomento che lui conosceva bene dato l’ambiente in cui era cresciuto.
A soli 15 anni proprio per le sue idee nettamente in contrasto con la figura paterna viene cacciato di casa, ma Peppino prosegue la sua strada fondando a soli 17 anni il giornalino “L’idea socialista”, e aderendo al Partito Socialista Italia di Unità Proletaria.
Si schiera in prima linea nelle battaglie in difesa dei disoccupati e dei contadini nel territorio di Cinisi e dintorni, crea il gruppo “Musica e cultura”, organizzando cineforum, dibattiti e concerti, per poi fondare nel 1977 Radio Aut.
Nel suo programma “Onda pazza a Mafiopoli” denuncia spesso i boss mafiosi del paesino mostrando un coraggio e una determinazione inaspettati. Il bersaglio principale delle sue irriverenti critiche è lo zio Gaetano Badalamenti, da lui ribattezzato “Tano seduto”, ovvero “il grande capo del Maficipio di Mafiopoli, viso pallido, esperto in lupara e traffico di eroina”.
Denuncia così il malaffare di Cosa Nostra in un momento in cui nessuno aveva il coraggio di farlo, parlando delle infiltrazioni nella realizzazione dell’Aeroporto di Palermo, delle speculazioni edilizie e del traffico di droga. Denunce che lo espongono a minacce continue e che pagherà con la sua stessa vita, cinque giorni dopo l’ultimo comizio pubblico in vista delle elezioni comunali a cui si era candidato come consigliere nelle fila di Democrazia Proletaria.
Le indagini su Peppino Impastato furono subito oggetto di depistaggio. Sono serviti 23 anni per fare luce sul caso e dichiarare il militante siciliano vittima di mafia.
Basti pensare che le inchieste sul suo conto vennero archiviate ben due volte, nel 1984 e nel 1992, e solo nel 2002 il boss Tano Badalamenti fu condannato all’ergastolo, grazie all’ostinazione della mamma coraggio Felicia che fece riaprire il processo.
La storia di Peppino Impastato doveva essere solo la storia di un pazzo, un terrorista saltato in aria per sbaglio mentre maneggiava l’esplosivo e invece oggi Peppino è diventato un simbolo della lotta antimafia e il suo sacrificio non è stato vano.
Una storia esemplare, di un uomo figlio e nipote di mafiosi che rompe con la famiglia originaria e che trascina anche la madre e il fratello in un radicale cambiamento, contagiando con le sue battaglie un’intera generazione.
Una storia che ci insegna a non smettere mai di cercare la verità e lottare contro la mafia e che affascina soprattutto i giovani. Le idee, le parole di Peppino Impastato riecheggiano ancora oggi lungo le strade di Cinisi e in tutto il Paese e alla sua memoria sono state dedicate, vie, scuole, piazze, canzoni e film.
Celebre pellicola “I Cento Passi” di Marco Tullio Giordana, che con la magistrale interpretazione di Luigi Lo Cascio ha contribuito a far conoscere la storia di Peppino Impastato al grande pubblico, dopo essere stata per tanti anni ignorata dai media, dalla politica e dalle istituzioni.
Oggi martedì 9 maggio si svolgerà a Cinisi il consueto corteo antimafia, che ripercorrerà l’ultimo tragitto percorso da Peppino Impastato prima di morire, da Radio Aut (a Terrasini) fino a Casa Memoria (a Cinisi), l’abitazione della famiglia di Peppino Impastato, diventata museo per volontà di mamma Felicia.