La sua prima opera stesa in Sicilia, fu la favola del cavallo e del cervo, metafora della politica del suo tempo, che gli valse l’espulsione da Imera.
La storia narra del rapporto tra il cavallo ed il cervo, una relazione caratterizzata da atteggiamenti astiosi e di rivalsa. Un giorno il cavallo per battere il suo rivale il cervo, decide di allearsi con l’uomo. L’uomo aiutò di buon grado il cavallo, che riuscì a cacciare il cervo e in cambio rese schiavo il cavallo. La storia, che potrebbe benissimo rappresentare le origini del sodalizio tra l’uomo e l’animale, voleva soprattutto essere un monito per i suoi concittadini.
In quel periodo infatti Falaride, tiranno di Agrigento, promise agli Imeresi l’aiuto necessario per sconfiggere i Selinuntini. Secondo i calcoli del poeta greco però, Falaride aveva intenzione di fare con gli Imeresi ciò che fece l’uomo con il cavallo, renderli cioè schiavi. Purtroppo, la favola non impedì al tiranno di entrare in Imera; e passò alla storia tra i buoni propositi di Stesicoro, che venne in seguito cacciato dalla città proprio dai suoi stessi concittadini.
In seguito, Stesicoro approdò a Catania, e ne fece suo cittadino onorario.
Ad oggi la città dedica al poeta un busto presso il Giardino Bellini, nonché una delle piazze principali del centro storico; attorno ai suoi confini sorgono diversi palazzi e monumenti come il noto edificio dell’Ottocento dedicato al Barone Giuseppe Luigi Beneventano (Palazzo Beneventano), Palazzo Tezzano, Palazzo del Toscano, e la Chiesa di Sant’Agata alla Fornace di origine neoclassica.
Stesicoro era un poeta citaredo, declamava cioè i suoi versi accompagnandosi con la cetra, antico strumento, simile alla lira, molto in voga nell’Antica Grecia. Si dedicò a diversi temi e generi, passando dall’epica pastorale a quella di natura eroica. Le opere a noi pervenute sono quattro, articolate in venticinque libri, giuntici tutti incompleti.
Considerato dagli antichi ‘l’Omero della lirica corale’, Stesicoro caratterizzò le sue opere con una forte impronta individualista, un approccio che potremmo definire moderno, novecentesco. Dei suoi personaggi, lo appassionavano infatti le vicende psicologiche, di riflessione e introspezione, che davano il ritmo degli eventi circostanti le sue storie, spesso rallentandoli oppure accentuandone la drammaticità.
Per questa sua potente innovazione, fu infatti molto criticato dai colleghi e contemporanei, e tuttavia il suo lavoro fu di grande ispirazione per molti autori tragici di età ellenistica.
Autore | Enrica Bartalotta