Politica indipendentista di Sicilia: dagli schiavi di Euno al Movimento per l’Indipendenza della Sicilia

L’indipendentismo siciliano o separatismo è una corrente di pensiero diventata poi politica, che sostiene la necessità per la Sicilia di emanciparsi da qualsiasi forma di dominazione esterna.

L’idea alla base delle correnti politiche che si sono sviluppate a partire soprattutto dal Novecento, sta nel fatto che la Sicilia è un’entità unica, per cultura, lingua e tradizioni. Una vera e propria Nazione dunque, con una sua storia, che per sperare nel suo totale e più completo sviluppo, necessita dunque di vivere separata dai suoi dominatori, anche dal resto d’Italia.
Propugnatore di questo pensiero, è stato sicuramente il movimento dei Vespri, rivolta avvenuta a Palermo nel 1282 e che in poco tempo ha contagiato l’intera regione. Durante la guerra dei Vespri, la Sicilia si distacca dal Regno di Napoli governato dagli angioini; un’emancipazione che dura quasi un secolo, e che dà vita alla nota bandiera gialla e rossa con il simbolo della triscele, oggi esposta in tutti gli uffici pubblici.

Per quanto l’idea stessa di indipendenza sia nata soltanto con il Romanticismo, la rivolta dei siculi di Ducezio e quella degli schiavi di Euno, che segna l’inizio di una sanguinosa repressione nata prima nella città di Enna, poi diffusasi a macchia d’olio in tutta la Sicilia, possono essere considerati eventi progenitori di quell’idea di separatismo che venne poi sviluppata in epoca moderna.
Durante la prima metà del Quattrocento, la Sicilia fa il bis, dichiarando guerra al vicereame spagnolo; degna di nota è la cosiddetta Rivolta antispagnola del 1674 che sbocciò nella città di Messina, ad opera di personaggi di spicco della politica del tempo; condottieri, come Giuseppe d’Alesi e Nino La Pelosa, che si fecero promotori del malessere generale del popolo, ormai ridotto in miseria dalla dominazione spagnola.

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Con la rivolta, Messina sperava di diventare un’oligarchia al pari delle città di Venezia e Genova, e ispirò alla ribellione molte altre città del Regno. Ma la rivolta venne repressa duramente nel sangue ben 4 anni dopo.
Nel Settecento, fu Di Blasi a guidare i propositi separatisti dei siciliani. La sua fu dapprima una rivolta silenziosa, bianca, perché fu volta all’istituzione di un’accademia che doveva avere il compito di riportare in auge la lingua siciliana. Rivalutare e rivalorizzare la lingua significava per Di Blasi forgiare un’identità siciliana; il suo obiettivo era quello di fondare la Repubblica di Sicilia; ispirato dalla Rivoluzione Francese, fu scoperto e decapitato, nel 1795.
Fu però solo con le rivolte anti borboniche del XIX secolo, che l’idea di indipendentismo riesce a coinvolgere finalmente anche i ceti meno abbienti, che proprio da questo tipo di pensiero avrebbero dovuto giovarne.

Molte sono le rivolte popolari che interessano l’Isola durante tutto il corso del XIX secolo. Sommosse spinte soprattutto sotto l’impulso degli ideali romantici e nazionalisti che rapidamente presero piede in Europa; ma mentre nell’entroterra questi movimenti prendono forma nei pensieri delle élite e nei discorsi degli aristocratici o dei borghesi, in Sicilia prendono forma più libera, diffondendosi in maniera equilibrata nella popolazione.
La prima forma del Parlamento Siciliano nacque nel 1097, ad opera del re normanno Ruggero I. Ma fu solo con l’arrivo dell’Ottocento che l’assemblea prese forma moderna e i siciliani iniziarono a chiedere ai regnanti che venisse realizzata una vera e propria Costituzione. Ma nel 1814, dopo aver dato il suo sì alla realizzazione dello Statuto, il re Ferdinando I di Borbone, annette il Regno di Sicilia a quello di Napoli e abolisce il Parlamento. Inizia così per la Sicilia un nuovo periodo di dominazione in cui la regione veniva controllata direttamente dal Governo centrale sito a Napoli. Un affronto che portò lentamente la popolazione a ribellarsi, fino ai cosiddetti “moti del 1820”.

Con il movimento rivoluzionario della prima metà dell’Ottocento, a Palermo viene istituito un governo provvisorio di intento separatista, che viene però ben presto represso dal potere borbonico; il governo, nato spontaneamente, aveva inoltre portato a vari dissidi interni tra le popolazioni della città di Messina, Catania e Palermo, dissidi che portarono all’indebolimento della nuova formazione, prima ancora della sua dissoluzione da parte dei regnanti.
Un flop che però non scoraggiò i politici del tempo, che circa vent’anni più tardi si radunarono per dare vita a una nuova sollevazione popolare. Giuseppe La Masa si incaricò di guidare l’esercito popolare con l’intento di rovesciare il potere borbonico e instaurare un regime indipendente. Fu così che agli inizi di febbraio del 1848 venne istituto un comitato generale rivoluzionario con governo provvisorio sito in Palermo, presieduto dal politico liberale Ruggero Settimo. Il 13 aprile viene formalizzata l’indipendenza ma durerà ancora per poco. I conflitti interni al governo siciliano, portano a nuove rivolte nelle campagne, inasprite dal potere borbonico, che poco tempo dopo mise fine al comitato.

Fu così che il movimento separatista decise di sostenere “la spedizione dei Mille”, dalla quale però velocemente si distacca quando scopre che non è altro che un passaggio di consegne, dal governo dei Borbone a quello dei Savoia. Fu così che in Sicilia nacquero diversi focolai di ribellione, come ad esempio quella definita “dei sette e mezzo”: moti di insurrezione avvenuti nella notte tra il 15 e il 16 settembre 1866 nelle campagne palermitane. La rivolta venne sedata dall’artiglieria messa a disposizione della Marina Militare Italiana; gli oltre 4.000 contadini ed ex garibaldini coinvolti vennero arrestati e alcuni giustiziati.
Con la prima metà del Novecento, il separatismo siciliano conosce una nuova era. Nel 1943 nasce il Movimento Indipendentista Siciliano che acquista ulteriori adepti già nel Dopoguerra. Promotore del movimento fu Andrea Finocchiaro Aprile, da tutti considerato il padre dell’indipendentismo contemporaneo, alla cui figura si affianca quella di Antonio Canépa. Professore della Regia Università di Catania dalle idee rivoluzionarie, Canepa fondò l’EVIS, ovvero l’Esercito Volontario per l’Indipendenza della Sicilia, le cui attività iniziarono all’indomani e a causa, della riconsegna della Sicilia all’Italia, da parte degli Alleati.

Una delle battaglie più conosciute degli scontri tra EVIS e Stato, è innanzitutto quella che segna la morte del Canepa, in uno scontro a fuoco con i Carabinieri, la mattina del 17 giugno del 1945. Altro scontro fondamentale si tenne a San Mauro di Caltagirone il 29 dicembre 1945, tra le truppe italiane in soverchiante numero e i collaboratori di Concetto Gallo, nuovo comandante dell’EVIS. Il movimento si scioglierà nel 1951, ma non senza aver prima guidato la Sicilia verso lo Statuto Autonomo sancito con decreto regio del 1946.
Il Fronte Nazionale Siciliano, fondato nel 1964, ha preso in carico l’eredità del pensiero separatista. Il partito, di chiara ispirazione socialista e progressista si affianca al più attuale Movimento per l’Indipendenza della Sicilia, costituitosi ufficialmente nel 2004 dall’antica ideologia del MIS di Finocchiaro Aprile.

Autore | Enrica Bartalotta

Staff Siciliafan