Il nostro viaggio alla scoperta della Sicilia ci porta oggi nel territorio di Adrano, in provincia di Catania, per conoscere un ponte che fu considerato una grande attrattiva della nostra isola. Per raccontare la storia del Ponte Biscari (Acquedotto Biscari), dobbiamo andare indietro nel tempo, agli anni Sessanta del Settecento. Fu allora, infatti, che il principe Ignazio Paternò di Biscari incrementò la realizzazione di nuove opere per lo sfruttamento delle acque per il suo feudo. In particolare, si doveva far fronte al notevole fabbisogno di acque irrigue per la coltura del riso che aveva promosso nel feudo di Aragona, tra i fiumi Simeto e Salso. L’opera più importante fu proprio il Ponte Acquedotto Biscari. Ecco perché.
I lavori vennero ultimati intorno al 1777 e l’opera presto divenne un’attrattiva per tanti visitatori, anche stranieri. Per le dimensioni e le caratteristiche tecniche, il Ponte Biscari fu in quel periodo l’opera di ingegneria infrastrutturale più importante della Sicilia, una delle più importanti d’Italia. I primi viaggiatori a vederlo furono, tra il 1778 e il 1779, Dominique Vivant Denon e Jean Houel. Anche l’incisore Antonio Zacco realizzò, su disegno del pittore Luigi Mayer, una stampa con una veduta complessiva.
Jean Houel scrisse in proposito: “…una costruzione di utilità immensa che tanto più è costata al generoso principe in quanto ha dovuto superare difficoltà di ogni genere. Fu iniziato nel 1765, e terminato nel 1777. La parte del ponte sopra gli archi maggiori è lunga 200 tese e l’acquedotto che si trova sopra i piccoli archi, 360 tese”. Il Marchese di Villabianca lodò moltissimo il Ponte Biscari, nel suo saggio sui ponti siciliani pubblicato nel 1791: “Fu egli però un dé ponti più superbi e magnifici della Sicilia, per non dirsi il primo tra i medesimi, avendo portato archi 31 nella sua estensione, il maggiore dé quali che cavalcava il fiume tenne di luce 120 palmi”. Scopriamo adesso le caratteristiche di questo ponte siciliano.
Il Ponte Acquedotto Biscari è formato da un ordine principale di pilastri e archi a tutto sesto, che si estendeva per una lunghezza di quasi 400 metri. Su questa correva un secondo ordine di archi, alla cui sommità era posto il canale in cui scorreva l’acqua. Il numero complessivo degli archi dell’ordine maggiore era 31, considerato anche il grande arco centrale principale, con un insolito profilo ogivale, non a tutto sesto come gli altri. L’altezza complessiva del ponte superava i 41 metri. È probabile che l’idea generale sia stata concepita dallo stesso principe di Biscari, che prese a modello gli acquedotti romani. Purtroppo il Ponte Biscari non ebbe lunga vita: ecco cosa gli accadde.
Appena 4 anni dopo la sua ultimazione, cioè nel 1781, l’intera struttura crollò rovinosamente. Lo storico Salvatore Petronio Russo scrive che “…a 15 febbraio del 1781 crollò agli urti di un impetuoso vento, accompagnato, credono taluni, da lieve scossa di terremoto”. Già nel 1785 si pensò di ricostruirlo. I lavori iniziarono l’anno successivo e si protrassero fino al 1791. Nella seconda versione si optò per maggiore praticità, altezze moderate e sistema di conduzione delle acque più moderno. Il ponte mantenne la nuova configurazione fino agli anni 50 del Novecento. A causa di una alluvione, crollò la parte centrale con il grande arco, in seguito ricostruita in cemento armato.