La tradizione del pranzo domenicale, una delle più apprezzate in Sicilia e in generale in Italia, ha ricevuto l’attenzione del New York Times. Il quotidiano statunitense ha raccolto le testimonianze di alcuni personaggi noti. per raccontare il piacere dello stare a tavola, tra ricette della tradizione, storie familiari e lunghe conversazioni, naturalmente in “perfetto stile italiano”.
L’editorialista del NYT Frank Bruni racconta: “Ho un ricordo molto nitido, di quando nonna Adelina Bruni, immigrata a New York dal Sud Italia, trasformava la cucina in un caos di pietanze e specialità italiane. Ogni domenica lei metteva in tavola una teglia di lasagne inesauribile come l’affetto che aveva per noi. E poi le polpette, le melanzane, i calamari, il pollo, gli affettati. Non si trattava di un pranzo a più portate quanto piuttosto di un ricatto emotivo. E no, non ci si poteva alzare per andarsene su, sulla tavola, c’erano ancora montagne di cotolette, il vassoio di cannoli e dei biscotti in arrivo”.
Bruni, che è anche un affermatissimo critico gastronomico, rende omaggio al pranzo della domenica, specificando che “non esiste nulla di meglio del piacere della tavola, del convivio, della bellezza di mangiare stando seduti. Tutto ciò non ha un analogo inglese dal momento che americani e britannici questo stesso piacere non lo conoscono come lo conoscono gli italiani”.
Condivisione e famiglia incontrano il fascino della tavola italiana, quell’amore per il cibo che “continua a essere un punto di riferimento gastronomico e culturale a ogni latitudine, pur essendo cambiato nel tempo”, si legge ancora sul New York Times. Il cambiamento è avvenuto “perché l’Italia è cambiata: per certi versi in meglio, per altri in peggio. Ci sono molte più donne italiane che lavorano fuori casa rispetto al passato, il che significa che molte coppie con due carriere non hanno il tempo o l’energia per assemblare un banchetto settimanale. Anche le dimensioni delle famiglie italiane, negli ultimi cinquant’anni, si sono ridotte a tal punto che la famiglia media italiana è ora composta da meno di 2,3 persone. Leggi: meno parenti da riunire per pranzo. Eppure, mi ricorda Alice Rossi, guida turistica nella ricca (e gastronomicamente splendida) città di Parma, il pranzo della domenica ”non è scomparso. E quando è ancora possibile farlo, è speciale perché si mette in tavola una bottiglia di vino più pregiata delle solite: della pasta fresca al posto di quella secca, carne o pesce scelti con cura da cuocere alla griglia, un dolce e un liquore locale a fine pasto””.
Il pranzo della domenica prende forme diverse in ogni regione, in ogni provincia e in ogni paese. “Di solito -scrive ancora Bruni – si tratta di un numero maggiore di portate rispetto a un pasto tipico, con due di queste, in genere la pasta seguita da proteine, irrinunciabili. Al Sud, la pasta sarà probabilmente al pomodoro e potrebbe essere cotta al forno, mentre la quota proteica è data dal pesce. Gli italiani del Nord potrebbero, invece, optare per una pasta fresca con ripieno: ravioli o agnolotti. E seguire con della carne”.
Tra le testimonianze riportate da Bruni, c’è anche quella del designer Bruno Cucinelli: “La cultura contadina offre uno spaccato ancor più profondo. La domenica, giorno sacro per eccellenza, si riuniva l’intera famiglia. Il menu tipico includeva pasta al ragù di maiale e pollo, seguita dalla carne cotta nel sugo. La giornata si concludeva con una semplice minestra serale a base di brodo arricchito da pasta, fagioli o ceci. Queste pratiche non sono solo abitudini alimentari, ma riti che rinforzano i legami familiari e comunitari, testimoniando una continuità tra passato e presente che definisce l’identità culturale italiana. Il pranzo, sia in contesto aziendale sia familiare, si conferma pilastro della vita sociale, un momento per rallentare, riflettere e riconnettersi, sottolineando il profondo rispetto per la tradizione e per il tempo dedicato alla comunità e alla famiglia”.
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