Piccolo centro agricolo, situato a 350 m sul livello del mare, Raddusa è stato per secoli nelle mani di diverse famiglie e nobiluomini, che la lasciarono indipendente a partire dalla seconda metà dell’Ottocento. La sua denominazione è probabilmente di origine araba, ma le prime documentazioni della città risalgono a non prima del 1300. Nell’Ottocento, Raddusa divenne significativa per la produzione del carbonato di zolfo e dal Novecento, per l’attività minieristica.
Dal punto di vista naturalistico, nei pressi di Raddusa è necessario pagare una visita all'Oasi naturalistica della Diga dell'Ogliastro, dove si trovano le cave di zolfo, e all’antica città siculo-greca di Morgantina, distante circa 10 km. Altri luoghi di interesse sono il Castello dei Gresti o di Pietratagliata, scavato nella viva roccia, la Torre del Feudo, presso il bivio della Giumenta, costruita intorno al Settecento su una roccia affiorante dal terreno, la Chiesa Madre ovviamente e infine, il Museo del Grano, luogo in cui sono stati esposti i singoli strumenti di lavoro e gli oggetti di uso quotidiano di una civiltà contadina ormai estinta. Nel museo è inoltre presente anche un’accurata ricostruzione degli ambienti. Ampio spazio è stato dedicato, ad esempio, ad una scena di mietitura del tempo, e alla ricostruzione di una camera da letto risalente agli anni Trenta.
A Raddusa San Giuseppe si festeggia due volte: il giorno della festa liturgica, il 19 marzo, e il 19 settembre, giorno scelto come festa patronale.
Il 19 marzo è consolidata tradizione realizzare degli altari votivi, con cibi e prodotti tipici della zona e del periodo, da donare al Santo e ai più bisognosi della città. È tradizione infatti, allestire grandi altari o tavole, e invitare al pasto i più poveri del paese. Un’usanza volta a ringraziare San Giuseppe per una grazia ricevuta, come ad esempio un raccolto abbondante, o come richiesta fatta affinché il Santo risolva un problema. È diventata abitudine invitare più persone possibili alla tavola, dopo averla sottoposta alla benedizione del prete locale. Lo scambio dunque, dà vita ad una vera e propria festa, un momento di avvicinamento e di convivialità pubblico dell’intera comunità e della città.
Fa parte del menù la tradizionale pasta di San Giuseppe, una minestra di pasta fatta in casa a base di legumi. La preparazione della pasta avviene nella ‘quadara’, una pentola di grandi dimensioni; la minestra viene distribuita con dei mestoli, nei piatti o nelle pentole che gli invitati portano da casa.
Autore | Enrica Bartalotta