Influenzato dall’hobby del padre, che era un acquarellista, Guttuso dimostrò immediatamente predisposizione e interesse per la pittura, verso cui s’indirizzò spontaneamente già a tredici anni, frequentando gli studi di Domenico Quattrociocchi ed Emilio Murdolo. In adolescenza, Guttuso si cimentò nella realizzazione di copie di paesaggisti siciliani dell’Ottocento, ma anche di artisti esteri o più noti ai più, come Carrà. Sempre in questo periodo, prende a frequentare il pittore futurista Pippo Rizzo originario di Corleone, e a frequentare gli ambienti artistici dell’epoca, tanto che, nel 1928, partecipò alla sua prima mostra collettiva, a Palermo.
A Palermo si trasferì per compiere gli studi liceali e poi all'Università per completare i suoi studi sulla pittura. La sua formazione, costruita sulle correnti figurative del tempo, lo portò conseguentemente a viaggiare, fino a Milano prima e in Europa poi. Nei suoi lavori, si fanno via via sempre più forti i motivi siciliani che avevano già caratterizzato l’adolescenza: i limoneti, l'ulivo saraceno, il Palinuro, gli scogli dell'Aspra, fin poi a tutta la crisi siciliana del Dopoguerra, dall’abusivismo architettonico e sociale, al decadimento delle ville settecentesche.
Tornato a Palermo, Guttuso fonda il Gruppo dei Quattro, assieme alla pittrice Lia Pasqualino Noto e agli scultori Giovanni Barbera e Nino Franchina.
Guttuso s'inserisce nel movimento artistico “Corrente”, che, rifiutando ogni canone accademico dello spazio, e dando libero sfogo alla ricerca del colore puro, si oppone alla cultura ufficiale e alle teorie fasciste.
Da un lungo soggiorno di tre anni a Milano, si rivela l’impegno morale e politico dell’artista; in quadri come “Fucilazione in Campagna”, realizzato tra il '37 e il '38, e “Fuga dall'Etna” le sue idee vengono messe in luce prepotentemente e con un’esecuzione che si potrebbe definire espressionistica. Si trasferisce intanto a Roma, dove frequenterà l'ambiente romano di tendenza 'antinovecentista'. Stringe amicizia con molti ‘scapigliati’ del tempo, di Roma ma anche di Milano, come Alberto Ziveri, Antonietta Raphael, Marino Mazzacurati, Toti Scialoja, Ernesto Treccani e Giacomo Manzù.
Il dipinto che gli diede forse più lustro, ma che gli fece guadagnare anche diverse critiche e grattacapi, fu “La Crocifissione”, lavoro di chiara denunzia degli orrori della Guerra, che non venne ben visto né dal Governo del Fascio, né dal clero.
Nel 1940 si iscrive al Partito Comunista d'Italia, e continua a lavorare, alternando nature morte di oggetti tipici siciliani a paesaggi, come il Golfo di Palermo. Sempre in questo periodo, realizza “Massacri”, una collezione di disegni che circolarono clandestinamente poiché esponevano gli orrori del regime nazista; uno di questi era dedicato in memoria delle Fosse Ardeatine.
Il Dopoguerra è un periodo di distensione per Guttuso. Conosce e sposa quella che sarà la sua fedele compagna Mimise, e realizza le opere “Carrettieri che cantano”, “Contadino che zappa” (1947), “Contadini di Sicilia”, dal linguaggio chiaro ed essenziale.
Seguono dunque una serie di dipinti dal vero, che rappresentano le lotte contadine per l'occupazione delle terre, gli zolfatari, paesaggi della Sicilia interrotti da cactus e fichi d’India, ritratti di amici e uomini di cultura.
Affascinato dal modello dantesco, l'artista concepisce una serie di disegni colorati che verranno pubblicati nel '70, nel volume “Il Dante di Guttuso”, in cui proporrà la propria definizione dell’Inferno, con i personaggi a rappresentare la storia del genere umano. Sempre in questo periodo, si dedica alla storia della sua vita in pittura; molto importante diventa la figura femminile, come in “Donne stanze paesaggi oggetti” del '67. Celebre è anche la serie “Cartoline”: 37 disegni e tecniche miste che raffigurano i ricordi, i sentimenti, le emozioni, le fantasie e gli stati d'animo legati a Marta Marzotto, che conobbe a Milano, e che rimase sua modella e musa per diversi anni.
Nel 1971, Guttuso disegnò il drappellone del Palio di Siena. Realizzò anche il simbolo del partito Comunista, che venne utilizzato fino al suo scioglimento, nel 1991. Nel 1972, dipinge “I funerali di Togliatti”, opera-manifesto della pittura antifascista, mentre è del ’74, quello che viene considerato come uno dei dipinti più noti del Guttuso, “La Vucciria”, caratterizzato da un intenso, vivace, quasi crudo senso del colore. La rappresentazione delle carni esposte nel famoso mercato di Palermo, rientra nel ciclo delle opere dedicate agli scorci della sua terra.
Guttuso fu eletto al Senato della Repubblica per il PCI nel collegio di Sciacca, alle Elezioni Politiche del 20 giugno del ‘76, e fu confermato il 3 giugno del ’79, presso il collegio di Lucera.
Poco prima della sua morte, donò alla sua città natale molte opere, che sono ora conservate presso il locale museo di Villa Cattolica, dove si trova sepolto. Fabio Carapezza Guttuso, unico erede acquisito del patrimonio dell’artista, fondò gli Archivi Guttuso, cui destinò lo studio di Piazza del Grillo, e integrò la collezione del museo con numerose opere ereditate.
Autore | Enrica Bartalotta