Lontano dalla Sicilia famosa e celebrata, quella delle cartoline e delle copertine patinate, ce n’è una misteriosa e segreta, che racchiude secoli di storia, mantenendoli intatti. Proprio a quella Sicilia appartiene il luogo che visitiamo oggi, nella contrada Picone del territorio di Centuripe (Enna), a mezzo chilometro dal fiume Simeto. Il sito, noto come Riparo Cassataro o Rifugio Cassataro, venne scoperto nel 1976 e, secondo alcuni, lo si può definire una “paleo-chiesa“. Già nel De Divinazione di Marco Tullio Cicerone se ne parla come un luogo di mistero. Si presenta come una sorta di galleria, un antro, una frattura nella roccia, nata dall’accostamento di tre blocchi di pietra arenaria. I blocchi sono simili ai dolmen, ma danno l’impressione di essere stati collocati lì da qualcuno. A rendere davvero speciale questo luogo, inoltre, è una presenza davvero preziosa.
All’interno del Rifugio, infatti, ci sono le uniche pitture rupestri finora conosciute della Sicilia orientale. Una serie è realizzata con colorante nero (è poco visibile, a meno che non si usi la fotografia a infrarosso), mentre un’altra è in colore ocra rossa, il terra di Siena. Il colore è stato ricavato da minerali presenti in zona, ricchi di ossido di ferro, macinati con strumenti rudimentali. L’interno sarebbe stato usato come luogo di culto: ciò si evince dalla presenza di coppette circolari scavate nel pavimento, riconducibili a riti religiosi. Le diverse pitture appartengono a epoche differenti. Vi si notano alcune figure di persone, con le braccia in posizioni varie. Gli studiosi hanno confrontato i dipinti con altri databili a epoche analoghe. Ecco cosa è emerso.
Ci sono diverse somiglianze e interpretazioni legate alle pitture del Riparo Cassataro: una qualche danza magica, un rituale intorno a una divinità o uno sciamano. Pochissimi i segni che costituiscono le figure, tra cui si identificano anche un bue e qualcuno che potrebbe tenere un tamburo (queste ultime due risalenti al Neolitico). A questi dipinti si aggiungono molti interessanti reperti, come lame di ossidiana, ceramiche decorate. Questo confermerebbe la presenza umana, ma pare non ci fosse stabilmente un villaggio. Il nome del sito deriva dal dott. G. Cassataro. In una rivista del 1976, infatti, è riportato che fu lui a scoprire le pitture parietali di colore rosso. Soltanto a partire dal 1993 l’area fu oggetto di studi da parte dell’archeologo Giacomo Biondi.