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Rùvulu“, cosa mai vorrà dire? Chi è siciliano e vive in particolare nell’area orientale dell’isola, sicuramente lo sa ma, per tutti gli altri, è il momento di mettersi comodi e scoprirlo. Anche oggi continua il nostro viaggio che approfondisce la lingua siciliana e le sue tante sfumature: un viaggio ricco di storia, curiosità e anche vere e proprie chicche.

Il siciliano è una lingua a tutti gli effetti, parlata da milioni di persone non solo in Sicilia, ma anche nelle comunità siciliane sparse in tutto il mondo. È un inestimabile tesoro, un ponte con il passato e un simbolo di appartenenza. Trasmette concetti e idee, è vero, ma anche emozioni profonde. Ci sono parole che non possono essere tradotte letteralmente in italiano e che, anche quando lo sono, perdono molta della loro forza.

Le parole siciliane racchiudono secoli di incontri culturali che hanno plasmato la nostra isola e la sua gente. Dal greco antico al latino, passando attraverso l’arabo e andando ancora oltre, tutte le influenze hanno lasciato qualcosa, in un vero e proprio crogiolo di culture.

In un mondo che è sempre più globalizzato, è importante preservare la lingua siciliana, tramandare alle generazioni future questo modo di parlare, ma anche questo patrimonio. Il linguaggio sa andare oltre le semplici parole, ma è proprio dalle parole che parte: per questo motivo vogliamo riconoscerne e valorizzarne l’importanza, rendendo omaggio alla forza del popolo siciliano.

Andiamo, dunque, alla parola di oggi, cioè “rùvulu”. L’avete mai sentita e, soprattutto, avete mai sentito dire a qualcuno che è una “testa di rùvulu”? Si utilizza per indicare qualcuno che ha la testa dura… come il legno. Nella parte orientale della Sicilia, infatti, rùvulu è il rovere, che nella parte occidentale diventa “ruviettu”. Probabilmente l’origine è dal francese rouvre. La prossima volta che vorrete prendervela con qualcuno che proprio non sente ragioni, ricordatevi del rùvulu!