I Salinai e l’oro bianco di Sicilia. Già al tempo dei Fenici e dei Romani la Sicilia si è contraddistinta per l’estrazione di un particolare tipo di oro. Una polvere definita “oro bianco” che nell’antichità era utilizzata anche come moneta di scambio. L’oro bianco siciliano per molti secoli viene esportato in tutto il mondo e ha un ruolo di primaria importanza per la sopravvivenza di molte civiltà. Stiamo parlando di uno degli elementi più largamente diffusi in natura nell’isola siciliana, il sale marino.
L’estrazione del sale in Sicilia
L’estrazione del sale era una delle attività più fiorenti della Sicilia. Un lavoro duro, impegnativo, che vedeva uomini e donne “i Salinai” impegnati a raccogliere il sale fin da ragazzi. I Salinai raccoglievano il sale due mesi l’anno (luglio e agosto). Con pale, carriole, secchi, e temperature proibitive, rompevano le lastre cristallizzate nei precedenti dieci mesi depositandolo accanto alle vasche. Un secchio dopo l’altro, carriola dopo carriola, con grande spirito di sacrificio, formavano le caratteristiche montagne bianche. Il sudore, la stanchezza, ma anche la forza, e il temperamento di questi uomini e donne, ogni giorno erano accompagnati da canti particolari, che avevano la funzione di ritmare il lavoro collettivo e di contare le unità di sale accumulato. “I Vuci ri salinai” scandivano il tempo con filastrocche in siciliano:
“…Mentri semu ‘ncumpagnia, ‘nta sta santa matinata, pi’ purtari l’armunia,jò mi fazzu sta cantata.
Mentri cuntu li carteddi, cu sistema di salina, camminannu picciutteddi, ni scuzzamu sta dicina.
Cu stu Sali di salina, mi divertu a lu cuntari, comu a tagghia è bedda china, semu pronti pi’ mangiari…”
I Salinai e le Saline siciliane
Il sistema delle saline è basato di solito su quattro vasche comunicanti tra loro, ed il “Curatolo”, responsabile e supervisore dell’impianto, ha il compito di cadenzare il tempo di passaggio dell’acqua da una vasca all’altra. Tra alti e bassi della storia economica delle saline, ancora oggi qualcuna continua a mantenere viva la tradizione dell’estrazione dei cristalli di sale alla vecchia maniera, ed è possibile visitarle su richiesta.
La Sicilia protagonista del settore del sale fin dall’antichità, ne ha estratto grosse quantità soprattutto nelle saline di Trapani, di Marsala e lungo le coste siracusane e messinesi. Nell’isola soprattutto il porto di Trapani al tempo è diventato lo snodo logistico primario per l’esportazione dell’oro bianco. Il sale siciliano in principio esportato in tutta l’area mediterranea, amplia in seguito il suo raggio anche nel nord Europa ed intorno alla metà dell’800 nel mercato americano.
Come testimonia la “Naturalis Historia” di Plinio il Vecchio, il sale ha trovato nei secoli varie applicazioni. Utilizzato soprattutto in ambito gastronomico per la conservazione degli alimenti, ma anche utile nella lavorazione dell’oro, degli smalti, e nel campo medico, per disinfettare le ferite e per la pulizia dei denti. E sempre a proposito di sale, è interessante sapere che da questa parola sembra abbia tratto origine il termine “Salario”. Il “Salarius” era la razione di sale che veniva corrisposta ai soldati romani come parte della retribuzione. Trasformata poi in un’indennità per l’acquisto di sale e di altri generi alimentari riservata ai funzionari della magistratura e dell’esercito. Ancora oggi il termine salario ha il significato di stipendio, retribuzione.
Il sale inoltre, protagonista della quotidianità di molti siciliani, ha trovato anche spazio nella tradizione linguistica siciliana con simpatici modi di dire, eccone alcuni: “Botta ri sali” (augurare tutto il male possibile a qualcuno)oppure (accidenti, mannaggia); “N’aviri mancu u sali i salera” (Non avere neanche il sale per la saliera)(essere ridotti veramente in miseria); “Cu avi u Sali conza a minestra” (Chi ha il sale condisce la minestra) (Chi ha più sale in zucca deve compatire chi non ne ha). Foto: Franco Calcara.