A sedici anni, Salvatore Fiume dimostrò subito il suo interesse, il talento e la sua passione per l’arte: si aggiudicò infatti una borsa di studio per frequentare il Regio Istituto d’Arte del Libro di Urbino; qui, il giovane Fiume apprese tutte le tecniche di stampa esistenti, dall’incisione alla litografia. Una volta completati gli studi, nel 1936, Fiume si trasferì a Milano e qui conobbe diversi intellettuali del tempo, tra cui anche il compaesano Salvatore Quasimodo.
Nel 1938, a soli ventitré anni, Fiume si trasferì a Ivrea e qui assunse il ruolo di art director di “Tecnica e organizzazione”, una rivista culturale a cui a capo si trovava Adriano Olivetti; in questi anni si dedicò anche alla stesura della sua prima opera letteraria dal titolo “Viva Gioconda!”, romanzo pubblicato da Bianchi-Giovini nel 1943.
Terminata la Guerra, Fiume si stabilì a Canzo, dove volle iniziare a dedicarsi a tutto tondo alla pittura, suo primo amore. In una filanda ottocentesca, iniziò dunque il suo primo lavoro di formazione ma anche di ricerca nelle arti figurative; Fiume si cimentò infatti, in questo periodo, sia nella pittura, che nella scultura che nell’architettura: era il 1946.
Nello stesso anno, Raffaele Carrieri, poeta e critico d’arte di Milano, visionò la sua prima serie di disegni a tempera e a china; alla visione partecipò anche il pittore e scrittore Alberto Savinio, fratello del pittore metafisico Giorgio de Chirico: entrambi rimasero particolarmente entusiasti dei lavori e questo momento consacrò l’arrivo, per Fiume, delle prime committenze.
La sua prima esposizione ufficiale venne allestita nel 1949 presso la sede della Galleria Borromini di Milano. Qui vennero esposte le opere “Isole di statue” e “Città di statue”, che riscossero un gran successo di critica e permisero al Fiume di procurarsi molteplici validi contatti, tra questi l’allora Direttore del Museum of Modern Art di New York, e la collezione Jucker di Milano, che acquistò alcuni dei suoi capolavori. Ad “Isola di statue”, la nota rivista americana Life dedica un’intera pagina; l’opera venne esposta l’anno successivo alla Biennale di Venezia.
Nel 1951, il noto architetto Gio Ponti lo invita a realizzare un’imponente opera pittorica di 48 metri × 3, una commissione per il salone di prima classe dell’Andrea Doria, il noto transatlantico italiano. La grande tela, andata perduta nel naufragio del 1956, rappresentava un’immaginaria città rinascimentale.
Nel 1952, Fiume termina la realizzazione del ciclo “Avventure” dieci dipinti commissionati dall’imprenditore Bruno Buitoni Sr., che confermano l’interesse del pittore di Comiso per la pittura rinascimentale. Nel 1953, un lavoro simile venne prodotto per le riviste newyorkesi Life e Time, per cui Fiume elaborò una storia immaginaria sia di Manhattan che della baia di New York.
Furono proprio gli anni Cinquanta a sancire la consacrazione di Fiume ad artista mondiale; i viaggi che in questo periodo lo portavano molto lontano dalla madre patria e dalla sua terra natale, ebbero su di lui un’influenza particolare e notevole, e arricchirono il suo sostrato artistico sempre particolarmente caratterizzato in maniera preponderante dalla classicità mediterranea.
Tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta, Fiume porta avanti anche la sua carriera di scenografo teatrale: per il Teatro alla Scala di Milano si occupò infatti delle scene e dei costumi de “La vita breve di Manuel de Falla”; altri lavori gli vennero commissionati dal Covent Garden di Londra, dal Teatro dell’Opera di Roma e dal Teatro Massimo di Palermo.
Nel 1962, Fiume inaugura una mostra pittorica itinerante che toccò diversi centri culturali della Germania, da Colonia a Ratisbona: furono ben cento i quadri esposti. Nel 1974, l’artista realizzò una grande mostra antologica che era il risultato di un viaggio effettuato l’anno prima, con il suo amico e fotografo Walter Mori. Particolarità di questa esposizione, era la sperimentazione: Fiume aveva infatti deciso di illustrare le sue classiche ‘isole’ di statue, che avevano fatto la sua fortuna, utilizzando vernici marine anticorrosione. Uno di questi modelli era talmente imponente, che venne a occupare interamente la grande sala delle Cariatidi del Palazzo Reale di Milano. Alla stessa mostra fu presentata anche la “Gioconda Africana”; il dipinto, ora conservato presso i Musei Vaticani fece a Milano la sua prima apparizione.
Nel 1975, Salvatore Fiume si occupò di rianimare il centro storico del comune calabrese di Fiumefreddo Bruzio, con una serie di sue opere. L’iniziativa, promozionata dall’artista stesso, fu completamente a titolo gratuito e portò il pittore alla realizzazione delle decorazioni parietali, sia interne che esterne, dell’antico castello cittadino, opera conclusa nel 1976; nel 1977, Fiume si occupò dei lavori per la cupola della cappella di San Rocco, mentre risalgono agli anni Novanta le sculture in bronzo poste a guardia delle due piazze panoramiche della città.
La fama di Fiume quale pittore prosegue: nel 1985 viene invitato a Castel Sant’Angelo in Roma e nel 1987 partecipa all’esposizione “De Architectura Pingendi” allo Sporting d’Hiver di Monte Carlo. Nel 1991 espone alla Mostra internazionale di architettura a Milano, e nel 1992 torna a Roma, a Villa Medici.
Molte furono anche le opere scultorie e letterarie in cui il Fiume si cimentò; dopo la prima esperienza del 1943, Fiume si occupò della stesura di molti racconti, commedie, di una tragedia, di numerose poesie e infine di un altro romanzo. Nel 1994 pubblica infatti “Pagine libere”, un’opera molto personale che racchiude osservazioni sulla vita e sul mondo dell’arte. Per la sua attività di scrittore, poeta e drammaturgo, l’Università di Palermo lo insignì, nel 1988, della laurea ad honorem in Lettere Moderne.
Nello stesso anno, fiorì anche la sua attività di scultore, tramite un’esposizione ospitata dalla Galleria Artesanterasmo di Milano. I suoi primi lavori erano soprattutto bassorilievi in gesso (anni Quaranta); successivamente, si dedicò anche all’utilizzo di altri materiali come il bronzo, la ceramica, il marmo e la resina. Una delle opere più notevoli del Fiume, è sicuramente la scultura de “Le tre grazie”, che realizzò all’età di 79 anni, dal modello in plastilina fino all’opera compiuta in resina, che mise a repentaglio la salute dell’artista. Si ricordano inoltre la statua in bronzo che ha preso posto al Parlamento Europeo di Strasburgo, i gruppi scultorei in pietra custoditi presso le mura degli ospedali San Raffaele di Milano e Roma e le sculture in bronzo realizzate per la Fontana del Vino a Marsala.
Salvatore Fiume morì a Milano il 3 giugno 1997; molte le sue opere oggi conservate nei più importanti centri museali del mondo, come i Musei Vaticani, l’Ermitage di San Pietroburgo, il Museum of Modern Art di New York, il Museo Puškin di Mosca e la Galleria d’arte moderna di Milano.
Autore | Enrica Bartalotta