di Nando Cimino
A Palermo si respira già aria di festa per il tradizionale appuntamento con il festino di Santa Rosalia; festino che come ogni anno culminerà la notte del 14 luglio con la suggestiva discesa del carro devozionale lungo il Cassaro. Santa di eccezionale popolarità ed amata da tutti i siciliani, a Rosalia vengono attribuiti innumerevoli miracoli e guarigioni; uno fra tutti quello che, secondo tradizione, servì nel 1624 a scacciare da Palermo una delle tante epidemie di peste. Miracolo quest’ultimo che convinse i palermitani a mandare in “pensione” i loro precedenti protettori, nello specifico Santa Cristina, Santa Oliva, Santa Ninfa e pure Sant’Agata ed a proclamare Rosalia loro nuova patrona. Ma, e non è di certo un caso isolato, un velo di mistero avvolge ancora oggi le reliquie della Santuzza; reliquie ritrovate sul Monte Pellegrino in circostanze poco chiare a ben 450 anni dalla morte ed in un periodo storico in cui da tempo, nel mondo cattolico, era in atto una vera e propria “caccia alle reliquie”. La storia infatti ci narra nello specifico di un geologo ed esperto di anatomia, il britannico William Buckland che, avendone esaminati i resti, nella prima metà dell’ottocento, sentenziò trattarsi senza ombra di dubbio non di resti umani ma di ossa appartenenti ad uno scheletro di animale. Eppure il Buckland non era certo un eretico, anzi si trattava addirittura di un irreprensibile pastore protestante animato da grande fede. Inutile dire che le sue affermazioni furono messe immediatamente a tacere e da allora nessuno ha più mai potuto vedere ed analizzare le ossa di Santa Rosalia; figura comunque rilevante di giovanissima ragazza che preferì abbandonare la vita mondana e gli agi di una famiglia benestante per dedicarsi al prossimo attraverso la preghiera e la meditazione. Reliquie a parte quindi, sol per questo val in ogni caso la pena di chiederne intercessione e di gridare ancora: “VIVA PALERMO E SANTA ROSALIA”.