Sant’Antonio da Padova nacque a Lisbona nel 1195 da genitori ricchi spiritualmente ed economicamente. Il suo vero nome era Ferdinando de Bulhões. Sentendosi portato alla vita consacrata solitaria, Fernando/Antonio pensò di ritirarsi in un convento agostiniano. Tuttavia il desiderio di Antonio era quello di evangelizzare, per cui decise di farsi francescano, ai quali era permesso essere partire missionari.
Tuttavia appena giunto in terra di Missione, la sua prima missione, in Marocco, fu colpito da una malattia che lo inchiodò a letto. Costretto a tornare, si imbarcò per il Portogallo, ma la nave, colpita da violenta tempesta, naufragò contro il litorale siciliano. Secondo la tradizione il veliero sarebbe naufragato a Capo Milazzo, in quella baia che ancora oggi prende il nome Sant’Antonio. Soccorso da alcuni pescatori siciliani, venne trasportato al più vicino convento, dove dopo un paio di mesi guarì.
Decise così di partire per Assisi, dove incontrerà il Poverello d’Assisi. Successivamente, e in poco tempo, Antonio divenne celebre e viaggiò tra Montpellier, Tolosa e Bologna, dove iniziò il suo insegnamento teologico, con la benedizione di san Francesco, il quale, riconoscendo le virtù di Antonio, gli inviò una breve lettera, che si apriva con queste parole: “Mi piace che insegni teologia ai frati”. Molti sono i miracoli che gli vennero attribuiti sia in vita che dopo morto e fu anche esorcista.
Il culto in Sicilia e a Palermo
In Sicilia il suo culto è stato sempre particolarmente diffuso, sicuramente anche per il periodo passato nella nostra isola. A Palermo poi Sant’Antonio da Padova è conosciuto con il nome di Sant’Antonino. Tanto per non sbagliare, per un palermitano la chiesa di Sant’Antonio è quella di via Roma, ossia Sant’Antonio Abate; Sant’Antonino è quella dedicata al Santo di Padova, di fronte la stazione. Oggi, in Italia sono circa 1.100.000 le persone che si chiamano Antonio. Ma molto diffusi sono anche Antonino e Antonina, che anche se derivati di Antonio sono ormai nomi “autonomi” e contano rispettivamente circa 190 mila e 90 mila unità, quasi tutte al sud Italia, una gran parte delle quali proprio a Palermo e provincia.
La parrocchia di Sant’Antonino, in corso Tukory, è una delle più antiche tra quelle ancora esistenti, ricordate già dal Marchese di Villabianca nel 1700. Presso il convento di Santa Maria di Gesù c’era una infermeria di francescani, oltre all’annesso cimitero medievale. Attorno al 1580 Padre Pietro da Naro, Francescano osservante riformato che stava al convento di Santa Maria di Gesù, divenne confessore di Felice Colonna, moglie del Vicerè Marco Antonio Colonna.
Santa donna che più che confessare i suoi peccati avrebbe dovuto raccontare le innumerevoli cornificazioni ricevute da suo regale marito, ricordate la storia di Eufrosina mirabilmente raccontata da Leonardo Sciascia? Tanto amata e cornificata che, di lì a poco, i palermitani le avrebbero dedicato anche una porta: Porta Felice appunto. Ma al francescano confessore della “Vice Regina” veniva scomodo viaggiare spesso dal Convento di Santa Maria di Gesù fino a Palermo.
Per cui la sua comunità decise di costruire su un piccolo terreno che già i Francescani possedevano sul vicino baluardo di Porta Termini, nelle vicinanze dell’attuale chiesa di Sant’Antonio, quattro cellette per ospitare i frati e un piccolo oratorio per ospitare gli infermi. L’Oratorio munito di piccolo giardino venne dapprima intitolato a Sant’Antonio da Padova, ma successivamente per via di una bella immagine della Madonna con il Bambino, attualmente ospitata nella chiesa di Santa Maria di Gesù, fu chiamata “Santa Maria del Presepe”.
Nel 1630 i Frati, sempre più numerosi e attivi, e per i quali lo spazio a disposizione era sempre più angusto, decisero di costruire una chiesa vera e propria con annesso Convento. Dagli atti del notaio Giuseppe Cortese di Palermo, 31 gennaio 1631, si legge che, dopo la donazione ai Francescani del terreno che si trovava all’inizio della via Maqueda, da parte di Margherita Maria e del Dottor Matteo Matranga i Frati decisero di chiedere l’autorizzazione per costruire una chiesa dedicata a Sant’Antonio di Padova.
Ottenuta la licenza il 18 giugno del 1630 iniziarono i lavori utilizzando per la costruzione pietre provenienti dalla zona di Santo Spirito, da cave a cielo aperto. I lavori furono completati nel 1635. Per le spese della costruzione contribuirono un po’ tutti, sia il popolo palermitano, con piccole ma numerosissime donazioni, sia la Reale Casa di Spagna per opera dell’allora Viceré di Sicilia, Ferdinando Alfonso de Ribera, Duca D’Alcalà.
Anche l’esterno, che a quei tempi era praticamente fuori città visto che la via Oreto venne impiantata solo a partire dal 1790, fu ben sistemato dalle autorità. Con la costruzione di un muro a semicerchio a cui era addossato un sedile, mentre al centro dell’area venne sistemata la Fontana della Ninfa di Vincenzo La Barbera. Si era venuto a creare tra chiesa e della vecchia Porta Vicari un piccolo anfiteatro, alle cui punte c’erano due statue di marmo bigio di Sant’Antonino e San Pietro d’Alcantara, attualmente ospitate nel cortiletto della Sagrestia della chiesa.
E sempre con i finanziamenti del viceré si costruì pure, sopra quello che un tempo era stato il fossato prospicente le mura spagnole, uno stradone dritto dritto, fino al piano di Sant’Erasmo, tutto ornato di pioppi per non schiattare di caldo in estate. Motivo per cui la strada di fronte al convento, attuale via Lincoln, prese il nome di stradone d’Alcalà. L’anfiteatro venne di fatto smembrato alla fine del 1700 e nel 1873, la fontana della Ninfa venne spostata nella Piazza Alberigo Gentili, dove si può vedere ancora oggi.
Accanto alla chiesa venne costruito il convento, poi ampliato nel 1719. Con la soppressione degli ordini religiosi nel 1866, la struttura divenne dapprima Caserma , poi divenne magazzino alimentare con panificio che chiuse nel 1955 e la struttura cadde in totale abbandono. Nel 2004 il convento fu acquistato dall’Università degli studi di Palermo che vi ha fatto la sede di Itastra, Scuola di lingua Italiana per Stranieri, mentre i francescani nel 1947 costruirono un conventino più piccolo dal lato di corso Tukory.
Perché si benedice il pane?
Il giorno di Sant’Antonio c’è la consuetudine di benedire il pane e tutto questo affonda le sue radici da uno dei miracoli del Santo. Un bimbo di appena 20 mesi, il piccolo Tommasino, lasciato da solo in casa dalla madre morì affogato in un recipiente d’acqua. Disperata la madre invocò l’aiuto del Santo, e nella sua preghiera fece un voto: se otterrà la grazia donerà ai poveri tanto pane quanto è il peso del bambino. Il figlio tornò miracolosamente in vita e nasce così la tradizione del «pondus pueri» una preghiera con la quale i genitori in cambio di protezione per i propri figli promettevano a sant’Antonio tanto pane quanto fosse il loro peso.
A Palermo c’è pure una una Confraternita che porta il nome di Sant’ Antonio di Padova, nata nell’antico borgo marinaro dell’Arenella a Palermo nel 1935. La devozione al Santo di Padova era già presente dal 1830 circa, sviluppatasi dal ritrovamento di una statua lignea nelle acque del mare Mediterraneo antistante alla borgata. La statua di un francescano a cui subito fu attribuito il nome di Antonio.
In evidenza: la benedizione del pane nel giorno di Sant’Antonio (tutte le foto sono di Igor Gelarda).