di Nando Cimino
Nella storia banditesca di Sicilia c'è un personaggio singolare e sconosciuto ai più, la cui storia è veramente affascinante. Si tratta di Antonio Catinella; meglio noto con la 'nciuria di Sataliviti. Quel “Sata” ovvero salta, che è la parte iniziale del suo soprannome, la dice lunga su quella che era una delle sue principali doti, ovvero l'agilità; egli era infatti capace di fare funambolici balzi per superare con grande facilità qualsiasi ostacolo. E' queste sue doti acrobatiche gli furono di grande aiuto quando, più volte braccato dalle guardie, per sfuggire alla cattura dovette saltare in maniera spericolata fossi e muraglioni, attraversare corsi d'acqua, lanciarsi da balconi o finestre. “Sataliviti” Catinella, nato a Mazara del Vallo nel 1679 si dette giovanissimo al brigantaggio e, contro di lui, divenuto un vero e proprio flagello, i Vicerè scatenarono centinaia di uomini. Sataliviti però non era un sanguinario ne un vendicativo; anzi egli viene descritto come giovane galante e dall'animo nobile. Catinella rubava e pure tanto, visto che, come si dice, era riuscito ad accumulare ed a tenere nascosto un immenso tesoro. Ma il bottino di gran parte delle sue ruberie egli lo restituiva sempre ai poveri, di cui si ergeva spesso a protettore; Sataliviti infatti tante volte, come un Robin Hood, si trovò a difendere tanti miseri contadini che, vessati da campieri, gabellotti e dalla ricca nobiltà, morivano spesso di stenti e senza nemmeno poter sfamare la famiglia. Un brigante quindi con un grande cuore; ma questo non riuscì purtroppo a salvarlo dalla fine che prima o poi gli sarebbe toccata; egli infatti venne giustiziato a Palermo l'undici maggio del 1706 a soli 27 anni essendo vicerè di Sicilia Isidoro de La Cueva y Bonavides, marchese di Bedmar.