Avete presente le Reginelle Siciliane, quei deliziosi biscotti croccanti? Ecco, provate a immaginarli senza i semini di sesamo: sarebbero buoni, sì, ma non così tanto buoni. Questa piccola introduzione è doverosa per comprendere l’importanza di un ingrediente tanto piccolo, quanto essenziale, cioè il sesamo. La pianta è coltivata da millenni, sia in Africa che in Asia, proprio per i suoi celebri semi, usati per tanti prodotti. In Sicilia è ben nota, mentre tanti Paesi occidentali ne hanno scoperto le proprietà soltanto in tempi relativamente recenti. Scopriamo insieme cosa rende unici i semi di sesamo, la giuggiulena tanto cara ai siciliani.
Per prima cosa, partiamo da qualche informazione utile. Le popolazioni che nell’antichità coltivavano la pianta di sesamo ne hanno da sempre ricavato tanti benefici. Le specie che appartengono al genere Sesamum sono molte e, per la maggior parte, selvatiche. La più coltivata è l’indicum: pensate che fu selezionata nel 2000 a.C. in Mesopotamia e in India. Proprio il sesamo sarebbe la più antica pianta di cui sono stati raccolti i semi per produrre l’olio, non solo per usi alimentari, ma anche come combustibile per lampade. La pianta può raggiungere anche il metro e 50 di altezza, con i fiori bianchi da cui nascono le capsule contenenti i semi. Ogni pianta produce circa un centinaio di capsule: all’interno di ognuna di esse ci sono dai 50 ai 100 semi, rilasciati quando raggiungono la maturazione. Ecco perché si dice “Apriti Sesamo“: la frase resa celebre da Alì Babà prende spunto proprio dalla pianta che si apre in modo spontaneo. Ma le curiosità sui semi di sesamo non finiscono qui.
I semi di sesamo sono formati al 50% da sostanza grassa: l’olio che si ottiene ha apprezzabili caratteristiche chimiche, fisiche e organolettiche, oltre ad un elevato contenuto di acidi grassi insaturi (oleico e linoleico). L’olio di sesamo ha un largo impiego anche nel settore farmaceutico e della cosmetica. Nei semi non c’è glutine, ma vi sono tante fibre, sali minerali e vitamine. La presenza di lipidi, carboidrati e proteine ne fa un alimento ad elevato valore energetico. Detto questo, è il momento di parlare della nostra giuggiulena.
Il sesamo venne introdotto in Sicilia dagli Arabi, tra l’800 e l’anno Mille. Nel ragusano, in particolare nella zona di Ispica, ha trovato un ambiente molto favorevole, per suolo e clima. Qui, in passato, si trovavano molti “margi“, cioè i terreni sommersi dalle acque durante l’inverno e che si prosciugavano a partire dalla primavera, mantenendo un grado di umidità che rendeva possibile la coltivazione con una rapida maturazione in estate. La varietà di sesamo siciliano di Ispica è stata selezionata ben duecento anni fa. Ha un seme ambrato, dal sapore intenso. Il sesamo di Ispica è un presidio Slow Food, un prodotto certificato, prodotto secondo precise tecniche. Ecco quali sono.
Il sesamo di Ispica si semina tra aprile e maggio. La raccolta, che avviene a fine agosto e inizio settembre, rappresenta il momento più delicato. Si tratta di una operazione laboriosa, con una mietitura fatta manualmente prima che le capsule si aprano. Le piante, una volta tagliate, vengono messe in verticale. Si lasciano asciugare al sole e poi si battono, per far uscire i semi. La cernita rappresenta la fase conclusiva. Si effettua con particolari crivelli per separare i semi. I semi di sesamo, poi, diventano il prezioso ed amato ingrediente della cucina siciliana che tutti noi conosciamo.