Lo street food siciliano regala straordinari esempi di arte culinaria. Vere e proprie opere dell’ingegno tutte da gustare. Tra le più famose c’è sicuramente lo sfincione, soffice e spugnoso, con un condimento ricco, da mangiare una fetta dopo l’altra. Quello palermitano include il pomodoro, quello bagherese no: un dettaglio, questo, legato alle origini della ricetta. Oggi vogliamo davvero rivelarvi una interessante curiosità: la vera storia dello sfincione di Bagheria. Nella cittadina del Palermitano lo sfincione era un re del periodo natalizio. Nel 1650 il principe Giuseppe Branciforte di Butera, dopo il fallimento del complotto contro la Corona, per ottenere il distacco della Sicilia dalla Spagna, si ritirò nei suoi possedimenti vicino il capoluogo. Comincia così il racconto della nascita di una delizia del cibo di strada.
Il principe si fece costruire un palazzo fortificato attorno al quale, negli anni, si sviluppò l’odierna Bagheria. Nella nuova residenza si trasferì anche la corte di servitori, inclusi i Monsù, cioè i cuochi a servizio delle famiglie aristocratiche. I Monsù erano soliti proporre la ricetta dello sfincione delle monache del monastero di San Vito di Palermo. Nel piatto delle religiose, che era a sua volta una rivisitazione di una ricetta araba o forse greca, c’erano besciamella, frattaglie di pollo e piselli. Quando giunsero nella cittadina a pochi chilometri dal capoluogo, preferirono utilizzare materie prime del territorio, come le acciughe di Aspra. Vollero anche sostituire la besciamella con la tuma. Ma la storia non finisce mica qui.
Dopo la seconda guerra mondiale il prezzo del pomodoro si abbassò notevolmente e divenne accessibile al popolo. Proprio in questo periodo, dallo prima versione dello sfincione vennero eliminati quasi tutti gli ingredienti, privilegiando la salsa di pomodoro. Nacque così lo sfincione palermitano come lo conosciamo adesso. Ovviamente lo sfincione di Bagheria seguì vicende diverse. Nella tradizione popolare le famiglie portavano nei forni del quartiere gli ingredienti per creare il proprio sfincione con l’aiuto del maestro del forno. Venivano tutti sul posto, distinguendoli l’uno dall’altro con qualche piccolo segno identificativo. Secondo lo scrittore e storico della gastronomia siciliana Mario Liberto, lo sfincione bianco di Bagheria merita l’appellativo di piatto “gourmet” e non più solo cibo da strada (per il valore nutritivo, per la qualità e la genuinità dei prodotti a Km 0 utilizzati).