Presentato in concorso alla 52ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, la pellicola si aggiudicò il premio speciale della giuria, e l’anno successivo portò a casa anche una nomination agli Oscar.
Il film vede come protagonisti Sergio Castellitto, nei panni di Joe Morelli, e l’allora esordiente Tiziana Lodato che interpreta la giovane Beata. La pellicola si basa su una perfetta ricostruzione storica della Sicilia del Secondo Dopoguerra, e fu infatti girata in molti luoghi dell’Isola, tra cui Ragusa Ibla e il piccolo centro marittimo di Marzamemi. Alcune scene vennero inoltre girate presso le Grotte della Gurfa, in provincia di Palermo; sei ambienti d’arenaria rossa, che si pensa rappresentino la leggendaria tomba di Minosse.
Nel 1953, Joe Morelli gira la Sicilia con un autocarro, un tendone e una macchina da presa. Si presenta come inviato di un’importante casa cinematografica e invita la gente a offrirsi per i provini, facendo pagare loro la non tanto modica cifra di 1.500 lire. In ogni paese in cui arriva, Joe Morelli suscita entusiasmo; al suo richiamo infatti accorrono proprio tutti. Morelli promette fama, denaro e successo, a chiunque gli si presentasse, dispensando inoltre a tutti, lodi e incoraggiamenti. Tra gli altri, ai provini si presentano anche dei banditi in fuga, e un Maresciallo dei Carabinieri, che non resiste alla tentazione di farsi riprendere. Ma sarà proprio lui, dopo alcuni mesi, a scoprire l’attività fraudolenta di Morelli, che derubava i cittadini per delle riprese scadute e inutilizzabili.
Oltre all’arresto e al pubblico ludibrio, sulla strada per il carcere Morelli deve subire anche la vendetta di una famiglia malavitosa. Con la complicità del Maresciallo, Morelli viene pestato e umiliato senza pietà e sotto gli occhi terrorizzati di Beata, una giovane ragazza del paese con la quale Morelli aveva intrecciato un legame sentimentale, e di cui lei si era innamorata, con la speranza che la portasse via dal paese e verso Roma. Morelli aveva finto di riprendere le esequie e la camera ardente del decano, con cui la famiglia malavitosa aveva un legame; questione di cui Beata ancora non era venuta a conoscenza.
Morelli, dopo avere scontato la pena, si metterà in cerca della ragazza, e la ritrovò, fortemente traumatizzata e visibilmente scioccata, presso una casa di cura alle porte del paese. Ma Beata non lo riconosce, al suo apparire sciorina solo frasi sconnesse e insensate. A Morelli non resta così che recuperare il suo camion, dove Beata aveva dimorato, e lasciare la Sicilia. Sulla strada del ritorno, il furfante ripensa a tutta quell’umanità con cui per qualche tempo riuscì a convivere, a tutto quel mondo che aveva visto passare sotto i suoi occhi e sulla sua pellicola, a quei provini appassionati e spontanei che sarebbero rimasti per sempre impressi nella sua memoria.
Le musiche dell’opera sono quasi tutte realizzate dal compositore romano Ennio Morricone. Quella che invece si ascolta durante i funerali del capomafia e nella scena del pestaggio di Joe, è tratta da una famosa Elegia funebre per banda, dedicata al “SS. Cristo alla colonna”, e risalente al 1933. Questa è stata realizzata per mano del direttore e compositore siciliano Mastro Giuseppe Bellisario.
Una curiosità: la pellicola comprenderebbe un ‘finale alternativo’, il vero finale cioè previsto da Tornatore, che non è stato poi realizzato per mancanza di budget. Morelli, dopo aver attraversato lo Stretto di Messina, si sarebbe ritrovato in Calabria e, per puro caso, sul set di un film. Il regista in questione è Pietro Germi, che realizza le scene de “Il brigante di Tacca del Lupo”. Incontratolo, Germi si ritrova in possesso della pellicola scaduta di Morelli, con tutte le facce sovrapposte della gente del paese. Alcuni giorni dopo, Germi visiona la pellicola in moviola a Roma, ed è desideroso di ritrovare il furfante. Tornatore allora ce lo mostra, vecchio e malandato, presso un cinema della Capitale.
Il film termina quando Morelli immagina sullo schermo lui e la sua Beata in luogo di attori.
Il lavoro di Tornatore guadagnò inoltre diversi David di Donatello; tra cui uno alla regia e uno alla scenografia, nonché il Nastro d’Argento a Tornatore e a Castellitto, e innumerevoli nomination.
Autore | Enrica Bartalotta