di Nando Cimino
Chissà quanti di voi, trovandosi in vacanza alle isole Eolie e passando in barca lungo le coste della splendida Lipari, si sono mai chiesti cosa sono quelle vecchie costruzioni che si vedono adagiate, in stato di abbandono, ai piedi di suggestivo costone roccioso dalle bianche venature. Ebbene quelle che vedete in questa bella immagine fanno parte di quella che oggi potremmo definire archeologia industriale. Si tratta infatti degli ex impianti per la lavorazione della pomice che, costruiti da alcune compagnie straniere verso la fine del XIX° secolo, sono stati definitivamente dismessi nel 2005. In realtà nell’isola di Lipari pare che l’estrazione della pomice fosse già praticata sin dal V° millennio a.C. ; la pietra infatti, che per la sua elevata porosità è peraltro l’unica in grado di galleggiare, veniva già allora usata come abrasivo per la lavorazione di armi ed altri oggetti metallici. In queste cave, fin oltre la metà del secolo scorso e prima che se ne iniziasse la progressiva dismissione, lavoravano almeno un migliaio di persone. Lavoro duro e faticoso quello dei cavatori di pomice che ben possiamo immaginare attraverso questa descrizione del giornalista Francesco Rosso che in un reportage sul quotidiano “La Stampa” del 1961 così scrive: “ Nei mesi estivi, quando il sole saetta implacabile, lavorare lassù è pauroso. La roccia libera un calore intollerabile, la polvere cocente soffoca, la sete tortura e i meno forti cedono”….
L’invito che faccio quindi a quanti, magari per le prossime vacanze, si recheranno in quei posti, è quello di soffermarsi anche in quest’angolo di “Sicilia Nascosta”; dove non ci sarà da ammirare un’opera d’arte ma rendere un doveroso omaggio ai tanti lavoratori siciliani che, in luoghi come questo, spesso lasciavano la vita per guadagnarsi un “faticoso” ed onesto pezzo di pane.