Non è un semplice simbolo: il significato del Genio di Palermo.
- Chiunque viva a Palermo o l’abbia visitata almeno una volta, ha sicuramente incontrato anche il suo Genio.
- Si tratta di un emblema della città, il cui significato tuttavia si può ampliare.
- Rimane ancora oggi, per certi aspetti, una leggendaria e misteriosa divinità protettrice.
Non si finisce mai di conoscere la città di Palermo. Il capoluogo siciliano nasconde aneddoti e storie dietro ognuno dei suoi angoli. Basta camminare per le stradine del centro per rendersene conto. Tra i palazzi, le chiese e i giardini, si nasconde (ma neanche troppo) un personaggio molto particolare: il Genio. Oggi vogliamo approfondire il significato del Genio di Palermo, poiché è una personificazione della città, un simbolo dei suoi abitanti, di appartenenza etnica, culturale, religiosa e sociale. Probabilmente le sue origini sono pre-romane, ma non esiste una mitologia accurata sull’archetipo di questa leggendaria e misteriosa divinità protettrice. Per alcuni aspetti, le simbologie sono ancora incerte, ma faremo sicuramente luce su questo. Secondo i miti tramandati da Ovidio nel I secolo a.C. e Pausania, nel II secolo d.C. simboleggiava il genius loci o la metamorfosi della figura maschile. Nell’interpretazione di Vincenzo Di Giovanni, del primo quarto del XVII secolo, l’uomo barbuto e coronato è Palermo, il serpente è invece Scipione l’Africano aiutato dai palermitani nella guerra contro i cartaginesi di Annibale. Per gratitudine, Scipione avrebbe donato alla città una conca aurea, con al centro una statua di guerriero che nutriva dal petto un serpente.
I simboli del Genio di Palermo
La Conca d’Oro, naturalmente, è un riferimento alla pianura in cui sorge Palermo. La statua del Genio di Palazzo Pretorio sorge difatti da una piccola conca. Sul bordo è scritto in latino: Panormus conca aurea suos devorat alienos nutrit (Palermo conca d’oro divora i suoi e nutre gli stranieri). Queste parole lasciano supporre un’eventuale discendenza del Genio da Crono o Saturno, divinità del tempo e dell’agricoltura, divoratore dei propri figli e simbolo di pienezza e abbondanza. La simbologia del serpente, ambigua e polivalente, potrebbe avere più di un significato. Viene infatti tradizionalmente associato alla terra e all’acqua, alla fertilità, alla rinascita e al rinnovamento. L’animale è inoltre simbolo di prudenza, antagonista del sole, e portatore di conoscenza associata alla forza fisica.
Nella letteratura disponibile l’archetipo del serpente nutrito dal Genio è indicativo di rinnovamento e trasformazione creativa e dei rapporti con gli stranieri che nel corso della storia della città. Nel corso dei secoli, passaggi e conquiste produssero a Palermo e in Sicilia traffici, scambi, rimescolamenti e trasformazioni culturali. Oltre al serpente, gli attributi del Genio sono la corona, il cane e lo scettro. Gli ultimi due compaiono per la prima volta con il Genio di Villa Giulia e poi nel mosaico della Cappella Palatina. Sia il serpente che la corona, lo scettro e il cane sono attributi di Asclepio, il cui serpente era simbolo di rinnovamento.
Il significato del Genio nella storia di Palermo
Nel 1400 i giurati di Palermo adottarono l’immagine del Genio nel loro stemma. Il riferimento al Genio è poi contenuto nel grido “Viva Palermo e Santa Rosalia” che accompagna il Festino in onore della Santa Patrona della città. Il riferimento “Viva Palermo” vorrebbe dire “Viva il Genio“, poiché il suo nome è Palermo. La frase vorrebbe dunque dire “Viva il Genio e la Santa“, entrambi protettori della città. Nel XVIII secolo l’orizzonte simbolico delle raffigurazioni si allargò ulteriormente. Il Genio di Palermo si fece meno ieratico, assumendo un ruolo più esplicito di emblema con funzioni politiche, mondane e sociali. Il Genio dell’Apoteosi di Palermo a Palazzo Isnello è circondato da un corollario di figure simboliche, in un’allegoria trionfale, giocosa e gaudente, ad uso dell’aristocrazia violenta e incolta della città barocca. Quello della Fontana di villa Giulia è solennemente circondato di simboli cittadini, emblemi e motti, ma senza il distacco misterioso e ieratico del Genio pretorio o del Genio del Garraffo.
Nella rappresentazione più recente, quella musiva dei primi del XIX secolo, posta alla Cappella Palatina, il Genio è intento a sorreggere un medaglione con i ritratti di Ferdinando III di Borbone e della moglie Maria Carolina e il serpente è insieme ad un cane, ai suoi piedi. Il Genio di Piazza Rivoluzione trovò un nuovo ruolo durante i Moti del 1848, diventando il simbolo del desiderio palermitano di libertà ed emancipazione dal dominio borbonico. In quel periodo il popolo in rivolta si radunava intorno alla statua, ammantata per protesta del tricolore. Personificando gli ideali della città assunse così un ruolo di patrono laico, complementare a quello di Santa Rosalia.
Foto: Luisa Cassarà