Sinapa siciliana, cosa sarà mai? È probabile che ne abbiate sentito parlare e che, ascoltandone il nome, l’abbiate associata alla senape. Il punto, però, è che in Sicilia si è soliti mangiare le foglie, dall’interessante sapore amarognolo. Ebbene, altro non è che la senape selvatica, la varietà “sinapis arvensis”. Generalmente se ne consumano solo i semi, ma noi amiamo distinguerci, quindi la impieghiamo in cucina in molti modi. Le foglie forniscono al nostro organismo sali minerali e vitamine del gruppo B e C, svolgendo anche un ruolo importante nella riduzione del colesterolo cattivo (LDL). In cucina è molto apprezzata: ecco come.
Abbiamo scoperto che la Sinapa è la senape selvatica: un nome comunemente utilizzato per indicare la varietà sinapis arvensis. Sotto la definizione sinapis si trovano anche la sinapis alba e la sinapis nigra. È molto simile ai cosiddetti “amareddi” e ai “cavuliceddi“, che però appartengono alla famiglia delle brassicaceae. La parte edule è quella delle foglie, meglio giovani. Si trova nei campi dall’autunno a tutta la primavera. Basta semplicemente lessarle o soffriggerle con l’aglio. Ottime anche con la salsiccia. La saggezza popolare definisce la senape selvatica una verdura “caura”, cioè calda, perché può avere un effetto irritante sull’apparato urinario. Con i semi, invece, si fa una classica mostarda. Il gusto particolare della sinapa è dato da un glucoside, che si chiama sinagrina per la senape nera e sinalbina per la senape bianca. Nel primo caso, dà proprio quel sapore forte e pungente, nel secondo si limita a dare una sensazione di calore. Triturando i semi si ottiene una farina, che si unisce a una parte liquida per ottenere il classico condimento. Foto: Max Delsid on Unsplash