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Smeraldi e Rubini speziali dell’aristocrazia siciliana

Smeraldi e Rubini speziali dell’aristocrazia siciliana. Durante il medioevo la scienza della medicina e la farmaceutica erano trattate senza una vera e propria distinzione, e la categoria dei medici era in bilico tra la ciarlanateria e la professionalità. Soltanto nel 1240 per la prima volta vengono regolamentate giuridicamente ne “Le Ordinationes” di Federico II, due categorie professionali, il medico e lo speziale, ciascuna con i propri diritti e doveri.

Gli speziali siciliani alla ricerca di una loro autonomia ben distinta dai medici, dal XIV al XVII secolo, consolidano un’identità professionale, acquisendo progressivamente la fiducia dell’aristocrazia e poi anche della gente comune. Nelle “Ordinationes” erano indicate le regole basilari della professione dello speziale: la vendita solo da parte di una persona qualificata, il prezzo imposto, la limitazione del numero di spezierie per garantire a tutte il reddito sufficiente per fronteggiare le spese del servizio.

Un’ulteriore regolamentazione è del 1407 introdotta dal re Martino II, e prevedeva una figura di supervisione e controllo di medici e speziali: il Protomedico. Questi aveva il compito di ispezionare le farmacie e denunciare eventuali irregolarità. Lo speziale siciliano, nel tempo si era ritagliato una posizione di prestigio nella comunità cittadina, consolidando anche economicamente la sua ormai rispettata attività. La spezieria doveva essere ricca ed accogliente, e vasi pregiati conferivano alla bottega un’immagine di prestigio.

Nella maiolica siciliana da farmacia spesso venivano raffigurati i santi invocati tradizionalmente contro le malattie più frequenti, oppure al soggetto dipinto era abbinato il preparato medicinale, come nel caso di Sant’Agata, probabile contenitore di un unguento per la cura delle malattie del seno o Santa Rosalia con un preparato contro la peste. Erano disponibili medicamenti per tutte le necessità, elettuari confortativi che servivano a dare vigore agli ammalati estenuati dalla febbre, pillole coperte da foglie d’oro o d’argento per curare lo stomaco ed il mal di testa, sciroppi, unguenti, oli e sali.

Un capitolo a parte è quello che riguarda l’utilizzo di pietre preziose nell’ambito speziale, rubini, granati, coralli, lapislazzuli, topazi, smeraldi e zaffiri. Tali pietre venivano macinate ed unite ad oli e sostanze vegetali, utilizzate per la preparazione di medicine costose. Il corallo veniva impiegato per l’epilessia, la caduta dei denti e le malattie polmonari; lo smeraldo contro la lebbra e la peste; rubini e granati sia portati al collo che sciolti come polvere, erano considerati efficaci per le malattie del cuore.

Le nobildonne siciliane credevano che i diamanti, agate e zaffiri legati al braccio, fossero un antidoto contro i veleni. E’ evidente che nessuno sia mai guarito dalla peste o dalla lebbra grazie ad uno smeraldo, ma ci auguriamo che il suo meraviglioso colore verde, abbia almeno regalato la “speranza” di una guarigione.

Emma Luali