Paternò custodisce l’opera di una delle pittrici più importanti del XVI secolo: Sofonisba Anguissola. La storia di questa artista è molto affascinante. Nata da una nobile famiglia piacentina, fu una delle prime esponenti femminili della pittura europea. Partecipò attivamente alla vita artistica delle corti ed ebbe una fitta corrispondenza con tanti artisti famosi del suo tempo.
Per capire il suo ruolo, vi basti pensare che fu citata nelle Vite del Vasari, grazie a Michelangelo Buonarroti, che sosteneva che avesse talento. Il padre di Sofonisba scrisse a Michelangelo e gli inviò i disegni della figlia, tra cui quello di un “Fanciullo morso da un gambero”. La pittrice cremonese, allora più che ventenne, aveva colto in quel fanciullo l’espressione del dolore infantile con un’invenzione che piacque molto al grande artista.
Quella smorfia di dolore la ritroviamo nel “Ragazzo morso da un ramarro” di Caravaggio. Lo storico dell’arte Roberto Longhi inserì Sofonisba tra i precaravaggeschi, in un saggio che ha fatto scuola. Secondo il critico, quel famoso Ragazzo morso da un ramarro, che oggi è esposto alla National Gallery di Londra, ha guardato al Ragazzo morso dal granchio.
Nel 1573 la pittrice sposò il nobile siciliano Fabrizio Moncada e si trasferì in Sicilia, a Paternò. Qui dipinse e lasciì la tela Madonna dell’Itria, oggi conservata nell’atrio della chiesa del monastero delle benedettine intitolato a Maria SS. Annunciata.
Sofonisba Anguissola morì il 16 novembre 1625, e fu sepolta nella chiesa palermitana di San Giorgio dei Genovesi, chiesa appartenente alla Nazione Genovese di Palermo, dove ancora oggi si trova la lapide del sacello, nella navata destra.