Il viaggio alla scoperta della Sicilia ci porta oggi in territorio compreso fra Enna, Aidone, Piazza Armerina e Valguarnera Caropepe. Poco distante da quest’ultimo si trova la solfara Grottacalda, o miniera Grottacalda. Si tratta di una miniera di zolfo che era già attiva nel 1839. Oggi rientra nel Parco minerario di Floristella-Grottacalda, un luogo che racchiude una pagina di storia dei nostri antenati. Il complesso minerario si trova nell’ampia vallata omonima. Oggi la miniera di Grottacalda, ben visibile dalla strada turistica provinciale, si presenta agli occhi del visitatore come una città fantasma. L’impatto alla vista è davvero considerevole e può considerarsi a tutti gli effetti un museo a cielo aperto. I tanti ruderi e caseggiati che, fino ad alcuni decenni fa, ospitavano migliaia di minatori ed operai sono stati in piccola parte riadattati. Qui, un tempo, a causa delle elevate temperature si lavorava addirittura senza vestiti. Nel 1848 20 operai persero la vita a causa di un incendio.
Della parte ipogeica della miniera sopravvivono tantissime bocche di pozzi di aerazione e di piani inclinati per le più primitive vie di accesso ed anche con i più moderni ascensori verticali azionati mediante gli argani elettrici o a vapore muniti di grandi strutture in legno e metallo. Si vedono ancora molti resti, alcuni di interesse architettonico, come una ciminiera in mattoni di cotto rosso e corona terminale e il pozzo verticale Mezzeno, di disegno neo-romanico. Fanno da corollario alla zona mineraria, la masseria Roba Grande, un vero e proprio villaggio con corte al centro e cappella e la dismessa stazione ferroviaria di Grottacalda della linea Dittaino-Piazza Armerina.
A partire dal XVIII secolo in poi, l’impiego nell’industria bellica e la scoperta dell’acido solforico condussero ad una richiesta sempre maggiore di zolfo da parte delle nascenti industrie. La Sicilia scoprì di essere un vero e proprio giacimento. Le solfatare, attive nell’isola dal 1820 al 1920, inizialmente 50 diventano 500. Ne trassero maggior giovamento soprattutto Inghilterra e Francia, ma anche l’aristocrazia siciliana, che intascò le rendite, delegando ai gabellotti la cura delle miniere. Agli operai rimase ben poco.