Lampedusa è un vero e proprio angolo di paradiso. La perla dell’arcipelago delle Pelagie è nota per avere una delle spiagge più belle del mondo, la Spiaggia dei Conigli. I suoi fondali sono ricchi di pesci, ma non solo. Qui, infatti, ha avuto sede per molto tempo uno dei principali centri di produzione di spugne del Mediterraneo. La storia delle spugne di Lampedusa è antica. Intorno al 1870 il pescatore trapanese Leonardo Augugliaro scoprì i primi banchi di “spuonze“. In seguito, ci fu la scoperta di un secondo banco di spugne, nell’isolotto disabitato di Lampione. Per questo motivo, tanti abbandonarono le attività agricole e legate alla pastorizia, per dedicarsi alla pesca.
La possibilità attirò non soltanto i pescatori locali, ma anche quelli greci, dalmati e tunisini. Con il passare degli anni le spugne di Lampedusa garantirono all’isola un buon livello di benessere. I lampedusani erano impegnati in mare anche per quattro o cinque mesi consecutivi, a bordo di grossi velieri: raccoglievano e semi-lavoravano le spugne, per poi venderle ai grossisti del Mediterraneo. Il successo delle spuonze delle Pelagie durò per circa un cinquantennio. A causa delle spugne sintetiche, il sistema andò in crisi, ma l’attività non è del tutto scomparsa. Ancora oggi i turisti possono comprare delle spugne naturali, pescate nello splendido mare delle Pelagie.
Per capire meglio cosa rende uniche le spugne di Lampedusa, bisogna comprendere la natura delle spugne. Si tratta di animali della fauna marina. Vengono pescate in mare, quindi bisogna aspettare dalle 24 alle 36 ore per lavorarle. Il procedimento è laborioso. Si lasciano all’ombra fino a quando non espellono il loro carico di microrganismi, poi si mettono in sacchi di tela e si immergono in acqua di mare per 24 ore. Così si puliscono. Dopo una prima asciugatura, si battono con dei bastoni per consentire l’uscita di impurità residue. Si raccolgono in collane e poste ad asciugare completamente. In questo momento diventano pronte all’uso.