Le Isole Eolie formano un arcipelago situato nella parte nord-orientale della Sicilia.
Le sette isole di origine vulcanica, sono lambite dal Mar Tirreno, e si trovano sotto l’amministrazione della Provincia di Messina. Il nome fu affibbiato loro dai Greci, che ritenevano fossero la dimora del dio Eolo. Chiamate anche ‘Isole Lipari’ dal nome del mitico re colonizzatore.
Furono abitate fin dal Neolitico, che le resero importante avamposto per la commercializzazione dell’ossidiana. Tra il XVI e il XIV secolo a.C. divennero rilevanti per la rotta commerciale dei metalli, in particolare stagno, che giungeva dalla Britannia, attraverso lo Stretto di Messina, per approdare in Oriente. In epoca romana divennero centri di commercio dello zolfo, dell’allume e del sale.
La più grande e popolosa è Lipari, con i suoi 37,6 km² di estensione. Il suo nome è frutto dell’evoluzione dal greco antico: Lipàra che significa grassa, rigogliosa. Lipari veniva chiamata anche Meligunìs, nome che sembra far riferimento al miele.
La strada più caratteristica dell’isola, è Via Garibaldi, da cui si dipartono numerosi vicoli che portano al Castello e a Piazza Ugo di Sant’Onofrio, detta “Marina Corta”, dove, lato mare, si staglia la storica Chiesa delle Anime del Purgatorio. Un’altra piazza importante del centro storico di Lipari è Piazza Giuseppe Mazzini, nota come “Sopra la Civita”, fino a pochi anni fa la sede del Municipio. Presso “Marina Lunga”, (via Francesco Crispi), è possibile godere tutto l’anno di una leggera brezza marina.
Presso le sale del Castello, è situato il museo archeologico regionale eoliano, uno dei più importanti del Mediterraneo. Circa cinquanta sale ivi espongono, in ordine cronologico, manufatti funerari che testimoniano l’evoluzione del culto dei defunti. Il Castello ha origini antichissime ed è stato diverse volte rimaneggiato nei secoli. Una torre faceva parte delle fortificazioni greche del IV-III secolo a.C., mentre altre risalgono al XIII secolo. Le cortine murarie sono invece di epoca spagnola. All’interno della cinta, sono stati ritrovati i resti archeologici e la Cattedrale di San Bartolomeo del 1084.
Seconda per grandezza e abitanti, è l’isola di Salina, il cui nome deriva da un laghetto dal quale si estraeva il sale. Salina viene anche definita ‘gemello’, dal nome in greco antico probabilmente riferito a Fossa delle Felci e Monte dei Porri, i suoi due vulcani più alti, oggi spenti, che ne costituiscono la sommità e ne dominano il panorama colto da nord-est.
Salina è l’isola più fertile delle Eolie; vi si coltivano uve pregiate dalle quali si ricava la “Malvasia delle Lipari”, e i capperi, noti ed esportati in tutto il mondo.
Dal 1980 costituisce il ‘parco regionale di Salina’ e dal 1981 la ‘riserva naturale dei due monti’.
Su Salina sono stati ritrovati numerosi reperti risalenti all’Età del Bronzo. Presso il comune di Santa Marina, gli scavi hanno dimostrato la presenza di un notevole insediamento sito attorno al IV secolo a.C.
È stata il set de “Il postino”, nel 1994, e dal 2007 ospita il SalinaDocFest, festival internazionale del documentario narrativo.
Fa parte dell’area di Salina, lo Scoglio Faraglione.
Vulcano rappresenta l’estremità Sud dell’arcipelago. Chiamata nell’antichità ‘Hiera’ ovvero ‘sacra’, si dice che quest’isola fosse appunto sacra al dio Vulcano, da cui poi prese il nome attuale.
Nata dall’attività di diversi vulcani che ne hanno scolpito la forma in monti e vallate, Vulcano oggi è nota soprattutto per la vivacità che ancora caratterizza la sua crosta terrestre. Fumarole, getti di vapore e fanghi sulfurei, molto apprezzati per le loro virtù terapeutiche, sono oggi visitabili attraverso l’ausilio di guide specializzate. Secondo la mitologia greca, su questa isola si situavano le fucine di Efesto, dio del fuoco e fabbro. Gli studi di alcuni noti archeologi ed etno-antropologi sembrano confermare l’ipotesi che Vulcano venisse utilizzata come “Isola dei morti”. Qui, i cadaveri venivano infatti trasferiti dalle diverse isole, per essere purificati dai riti sacri del dio del fuoco. Il mancato ritrovamento dei cadaveri fa supporre che le salme venissero riportate indietro alla fine dei riti, mentre altri sostengono che venissero seppelliti sull’isola, ma che la fiorente attività vulcanica ne abbia cancellato le tracce. Le numerose, antichissime, grotte ritrovate in località Piano, sembrerebbero confermare l’ipotesi dei riti funerari.
A nord-est dell’arcipelago sorge Stromboli, con l’isolotto di Strombolicchio.
È nota per la persistente attività esplosiva del suo vulcano, che, assieme ad un altro vulcano, oggi spento, ha modellato la struttura geologica di questo territorio, già 200.000 anni fa.
L’isola è abitata fin dall’antichità da una popolazione che tutt’oggi si sostenta con i proventi della nota agricoltura (soprattutto viti di Malvasia ma anche olive e fichi).
È stata oggetto della curiosità del mondo letterario e cinematografico; si svolge sull’isola, “Stromboli terra di Dio”, un film del 1949 diretto da Roberto Rossellini e, sempre sull’isola, furono girate alcune scene di “Caro Diario” di Nanni Moretti. Stromboli, asserve anche all’ambientazione finale del libro di Jules Verne “1864 Viaggio al centro della terra.”
Filicudi è sotto la protezione dell’UNESCO in quanto “Patrimonio dell’Umanità”. Sul suo territorio è stato infatti istituito un parco regionale, che protegge la vegetazione mediterranea caratterizzata da cappero, ulivo, lentisco e carrubo, nonché alcuni presidi di palma nana e gli habitat di diversi uccelli, tra cui il falco pellegrino.
Filicudi venne resa nota agli storici per i reperti trovati in località Capo Graziano, che testimoniano l’esistenza di una fiorente attività di lavorazione dell’ossidiana, già nel Neolitico. Il villaggio, con l’area sacrificale disposta sul promontorio, sono ancora visitabili; da lì si può godere di una vista impagabile e di un tramonto spettacolare.
Da visitare sono anche i relitti, alcuni dei quali risalenti anche al II e III secolo a.C. Sull’isola è presente anche una sezione del Museo archeologico eoliano, che custodisce reperti provenienti dagli scavi di Capo Graziano e da altre isole.
All’estremità ovest dell’arcipelago, sorge Alicudi, anticamente nota come Ericussa (nome probabilmente derivato dalla pianta di Erica).
Alicudi fu abitata già nel Neolitico, come attestano i reperti rinvenuti presso l’attuale porto e sulla sommità. Al IV secolo a.C., appartengono le diverse tombe in pietra lavica di località Fucile; diversi i frammenti di vasellame di età romana che sono stati ritrovati sulla costa orientale. Le spiagge a ciottoli, sono spesso sferzate dal forte vento che causano le numerose ‘sciare’ ovvero frane, che caratterizzano soprattutto il versante meridionale.
Sulla sua sommità, la flora è caratterizzata da aree boschive di macchia mediterranea: cappero, ginestro, ulivo, carrubo e, naturalmente erica, mentre la zona del vecchio cratere è caratterizzata da ambienti più umidi, habitat preferiti dal pellicano, dal germano reale, dal fenicottero rosa e dal coniglio selvatico. Tipiche di Alicudi, sono poi le abitazioni con il tetto piano per la raccolta dell’acqua piovana, le sedute in muratura dette bissuoli, e le pulere, caratteristiche colonne a tronco di cono.
La più famosa, turisticamente parlando, è sicuramente Panarea. La più piccola delle isole Eolie nonché la più antica, forma, con gli isolotti di Basiluzzo, Spinazzola, Lisca Bianca, Dattilo, Bottaro, Lisca Nera e gli scogli dei Panarelli e delle Formiche, un microarcipelago posto su un unico basamento sottomarino.
Panarea è caratterizzata da coste molto alte e frastagliate e da crepacci di formazione lavica; sulla spiaggia della Calcara, nell’area nord-orientale, è infatti possibile assistere a sbuffi di vapore e a riva, anche a fenomeni in cui l’acqua ribolle e arriva a essere ustionante.
La fauna e la flora sono quelle tipiche delle macchia mediterranea di lentischi e uliveti, interrotta qua è là da cespugli di fichi d’India. Essa costituisce l’habitat prediletto del falco della regina e del gabbiano reale. Animale presente solo in quest’isola è il geco.
L’isola è inclusa nella riserva naturale orientata Isola di Panarea e scogli viciniori, istituita nel 1997.
Su di essa sono stati rinvenuti reperti che testimoniano la presenza di un’antica civiltà dell’Era del Bronzo, presso Capo Milazzese.
L’isola fu preda delle scorrerie etrusche e di una colonizzazione greca e poi romana; a testimonianza, rimangono i resti di una villa romana sulla sommità dell’isolotto di Basiluzzo. Nel 1500, gli Arabi modellarono la struttura della contrada Drautto.
Le Isole sono raggiungibili con traghetto o aliscafo da Cefalù, Capo d’Orlando, Patti, Vibo Valentia, Messina, Milazzo, Palermo, Sant’Agata di Militello, Reggio Calabria e Napoli.
Autore | Enrica Bartalotta
Credit immagine • Vulcano – Foto di Gabriele Mastrilli