I Sicelioti (o Sicilioti o Greci di Sicilia) erano gli abitanti delle poleis greche di Sicilia.
Si diffusero inizialmente nelle coste orientali e meridionali; furono loro infatti a fondare l’antica città-stato di Syrakousai (Siracusa), Ghelas (Gela) e Akragas (Agrigento). In seguito, e fino alla conquista da parte dei Romana, si stanziarono anche nel resto della quasi totalità della costa siciliana.
I Sicelioti si attribuirono questo nome per distinguersi dai Greci di Grecia e Magna Grecia (che si definivano Italioti), e dalle popolazioni autoctone di Siculi, Sicani ed Elimi.
In un passo di Tucidide, testimonianza del Congresso di Gela Ermocrate, risiede la conferma che la colonizzazione ellenistica fu diversa da quella europea in America, perché avrebbe favorito la fusione dei greci con le popolazioni autoctone della Sicilia (Siculi, Sicani, Elimi). Un tratto non del tutto vero; la colonizzazione greca fu sì differente, condusse i primi in rapporto di superiorità rispetto ai secondi. L’arrivo dei Greci sull’Isola fu accolto quindi in misura tutt’altro che pacifica (basti pensare alle continue guerre tra la città greca di Selinunte e quella elimica di Segesta). I Greci, come altri coloni dopo di loro, fecero pressione sulle popolazioni indigene, soprattutto di natura economica e politica, ma anche culturale e ideologica.
La principale lingua dei Sicelioti fu il greco antico nella sua variante dorica, parlata soprattutto nella Sicilia orientale, e nelle altre città da loro fondate.
Notevole fu il contributo in ambito letterario apportato dai greci sicelioti. Alcuni generi della letteratura greca conobbero fiorente sviluppo proprio in Sicilia: sembrerebbe infatti che la stessa commedia dorico-siceliota, i cui principali esponenti furono Epicarmo e Formide, servì da modello per la successiva commedia attica del V secolo a.C.
A Sofrone di Siracusa venne attribuita l’invenzione del mimo greco, che ebbe notevole fortuna in età ellenistica con Teocrito (anch’egli siracusano), a sua volta inventore della poesia bucolica. Eschilo, «il più famoso dei primi tragici», venne esiliato a Gela, dove morì nel 456 a.C.; egli rappresentò in Sicilia, nel teatro più grande di Siracusa, alcune sue tragedie, tra cui “I Persiani”, la più antica pervenutaci.
Eschilo faceva parte dello stuolo di intellettuali della corte di Ierone, tra cui svettavano anche i lirici Pindaro, Bacchilide, Simonide e Senofane. In Sicilia furono attivi anche i poeti lirici Teognide e Stesicoro; e ivi trascorse dieci anni di esilio Saffo. Secondo alcuni studiosi, la stessa lirica corale dedicatale potrebbe essere stata prodotta in Sicilia.
Altra grande innovazione siceliota fu la retorica: i primi manuali sono infatti attribuiti ai siracusani Corace e Tisia. Diogene Laerzio vide nell’akragantino Empedocle l’inventore della retorica; egli fu uno dei più importanti filosofi presocratici; fu Tisia a introdurre ad Atene l’arte della parola, insieme all’allievo di Empedocle Gorgia da Leontinoi, uno dei primi sofisti, e al proprio allievo, Polo di Agrigento.
Dell’architettura sacra in Sicilia rimangono notevoli vestigia: come i templi costruiti presso la città di Selinunte, tra il VII e il V secolo a.C.
L’ordine architettonico prevalentemente adoperato dai Sicelioti è il dorico, la classica forma architettonica mediterranea è visibile presso i templi di Akragas e di Selinunte, ma anche nel tempio di Megara Hyblaea del VII secolo a.C.; presso l’Athenaion di Siracusa e il tempio di Segesta, realizzato sull’acropoli in area elima.
I santuari venivano solitamente costruiti fuori dalle mura urbane, così sono quelli di Gela, di Bitalemi, quelli innalzati in onore di Demetra e Kore a Eloro; il santuario della Malophoros a Selinunte, il santuario rupestre di San Biagio ad Agrigento e il Temenos di Naxos, del VI secolo a.C.
I teatri sicelioti si trovano sui terreni delle più influenti poleis dell’Isola, o nei centri indigeni influenzati dall’arte e dall’architettura greche. In totale sono stati censiti diciannove teatri, tre dei quali non sono ancora stati rinvenuti; uno dei più celebri è sicuramente il teatro greco di Agrigento, costruito tra il IV e il III secolo a.C., seguito a ruota da quello Taormina. Il più grande si situa a Siracusa: con i suoi 138 metri di diametro di competenza del Parco archeologico della Neapolis; si presume esso sia stato luogo dell’attività teatrale del commediografo Epicarmo, dei contemporanei Formide e Deinoloco, e si pensa anche che accolse la tragedia di Eschilo “Le Etnee” e, successivamente, “I Persiani”. Un altro famoso teatro greco è a Catania; costruito in grossi blocchi di pietra arenaria nel V secolo a.C., si presume fosse il luogo in cui Alcibiade tenne il discorso ai Katanaioi, per convincerli ad allearsi con Atene contro Syracusae.
Autore | Enrica Bartalotta