Si pensa che il nome derivi da Lilýbaion (che sta a significare ‘che guarda la Libia’), ma si pensa che possa anche avere origine da una fonte, così chiamata, su cui è stata eretta la chiesa di San Giovanni al Boeo.
Fu fondata dai Cartaginesi fuggiti da Mothia (Mozia) e come molte città del tempo distrutta dal tiranno Dionisio nel 397 a.C. Non vi sono molte tracce dei domini precedenti al Romano, sotto la cui egida Lilibeo assunse grande importanza; vi ebbe sede uno dei due questori che Roma inviava in Sicilia, tra gli altri, Cicerone. La città fu per un certo periodo l'agglomerato urbano più grande e più importante della Sicilia occidentale.
Con i trattati di pace conseguenti la fine della Prima Guerra Punica (241 a.C.), Lilibeo passò ai Romani, nelle cui mani finirono tutti i possedimenti cartaginesi.
La città era stata fortificata con imponenti mura, che la circondavano sia a Nord che a Sud, e profondi fossati. Sotto i Romani, divenne un vivo centro commerciale, grazie alla presenza del porto; si arricchì di ville ed edifici pubblici, tanto che Cicerone, che ne fu questore, la definì ‘splendidissima civitas’ nel 75 a.C.
Venne devastata anch’essa dai Vandali nel V secolo, e tornò a rifiorire con l’arrivo dei Saraceni, nel IX secolo. Gli Arabi le cambiarono il nome in Marsa Alì (porto di Alī) e ripristinarono l’impianto urbano di epoca ellenistica. Sotto gli Arabi, ricominciarono i commerci col Mediterraneo, e la città divenne uno dei centri più importanti di tutta la Sicilia.
I resti di Lilibeo sono visibili oggi nel pieno centro di Marsala, in un’area definita ‘Parco Archeologico di Marsala’. Nel ’39, venne alla luce un importante edificio, costituito da ambienti spaziosi, da un atrio a quattro colonne e da un peristilio.
Nel 1972, una breve campagna di scavi ha stabilito che l’area è stata caratterizzata da due fasi edilizie: una più antica, datata II-I secolo a.C.; e una più recente, della fine del II-III secolo d.C.
La campagna di scavi che ha interessato gli anni 2000 ha portato alla luce antiche strutture murarie, lastricati, il timpano con un’iscrizione latina, e oggetti ornamentali come spille e monete; nonché la nota statua in marmo di Venere Callipigia, datata II secolo d.C., rinvenuta nel territorio di competenza della chiesa di San Giovanni Battista al Boeo.
Sono stati messi in luce anche i resti dell'abitato, costituiti da residenze d’età imperiale, di cui sono rimaste le pavimentazioni a mosaico e gli impianti termali privati, delle fortificazioni puniche, e delle ricche necropoli di età greco-romana: come l'ipogeo di "Crispia Salvia", in uso dal II secolo d.C., con pareti dipinte in policromia.
Nel 2007, è stato svelato il tracciato originario del decumano massimo.
Durante l'estate del 2008, nelle fasi di scavo attigue alla Villa Romana, nell’area di San Giovanni al Boeo, è stata rinvenuta una statua di Iside, dea egizia della maternità e della fertilità. Nello stesso scavo è stata ritrovata una lapide. Secondo gli esperti, le due strutture testimonierebbero la presenza di un Tempio di Ercole.
Dal 2006, anche Lilibeo insieme a Mozia, è nella lista dei candidati al ‘Patrimonio dell'Umanità’ UNESCO.
Presso il Museo Regionale "Baglio Anselmi" di Marsala, è conservata la Venere Callipigia e una serie di reperti romani provenienti dagli scavi archeologici della zona, inclusa una nave punica che fu usata durante la Battaglia delle Isole Egadi, e che concluse la Prima Guerra. L’antica imbarcazione, è l’unico esemplare che ci ha permesso di farci conoscere il sistema di costruzione navale dei Cartaginesi. È stato protetto dagli organismi che abitano la Riserva naturale regionale delle Isole dello Stagnone, particolari alghe che, creando una sorta di pellicola, hanno permesso alla nave di arrivare a noi ancora intatta, con i suoi numerosi reperti, anche quelli organici.
Ogni asse della nave punica, reca inciso un simbolo dell'alfabeto fenicio-punico. Al suo interno, sono state ritrovate anche un gran numero di anfore, lance, un ceppo di legno, ossi di olive, foglie, e una corda in ottime condizioni di conservazione.
Autore | Enrica Bartalotta