«Fra il 1906 e il 1907 Ignazio Florio ricevette una missiva anonima contenente un’inequivocabile richiesta di pagamento di ‘pizzo’ da parte della mafia palermitana. Ma il cavaliere, secondo i nostri studi, si rifiutò di cedere al ricatto».
A parlare è lo storico Vincenzo Prescigiacomo, presidente del Comitato scientifico di Casa Florio, che aggiunge: «Riteneva, infatti, di potere tenere testa all’organizzazione criminale grazie alla sua enorme popolarità che gli derivava dall’avere creato un impero produttivo che dava lavoro a decine di migliaia di persone e dall’avere istituito nel rione Olivuzza una mensa che ogni giorno sfamava 500 poveri. Insomma, pensò, se la mafia avesse colpito i Florio il popolo palermitano si sarebbe sollevato».
«Ignazio fece male i suoi conti, infatti la mafia non aspettò molto a reagire al rifiuto dei Florio – spiega Prestigiacomo – ; ciò in quanto già nel 1897 Ignazio Florio aveva licenziato i suoi due capi guardiani, i fratelli Noto, avendo scoperto che si trattava dei capi mandamento dell’Olivuzza e probabili mandanti del rapimento a scopo estorsivo di Audrey Whitaker. Sommando i due ‘affronti’, la mafia decise di agire e, secondo tradizione, si vendicò ‘a scoppio ritardato’: dopo un anno, nel 1908, un incendio doloso distrusse il Villino Florio all’Olivuzza».
Il Villino Florio all’Olivuzza è un edificio storico monumentale, sito nei pressi della Zisa a Palermo, in viale Regina Margherita. Immerso in un giardino, è ora circondato da alti edifici di nuova costruzione. Venne costruito per volere dalla famiglia Florio dall’architetto Ernesto Basile e realizzato tra il 1899 e il 1902.
Si tratta di una delle prime opere architettoniche in stile Liberty d’Italia e viene considerato uno dei capolavori dell’Art Nouveau anche a livello europeo. Essendo Vincenzo Florio un uomo d’attitudine cosmopolita e molto dedito ai viaggi, Basile in questa opera sembra voler ricreare tutte le tappe toccate dal ricco borghese.
Inserì nella struttura vari elementi, come facente parte di un itinerario: ricurve superfici barocche, capriate tipicamente nordiche, torrette cilindriche che rimandano ai castelli francesi, colonnine romaniche e bugnati rinascimentali. Il risultato è un capolavoro di eclettismo ed originalità. Terminata l’età d’oro della famiglia, il villino cadde in disuso fino all’incendio del 1962, a seguito di attentato mafioso, che ne danneggiò parte dell’interno.
Dopo il restauro, ha ospitato gli uffici del Dipartimento Regionale per l’Architettura e l’Arte Contemporanea ed è una delle sedi di rappresentanza della Regione Siciliana. Tra il 2005 e il 2015 il giardino del Villino Florio è stato oggetto di un restauro e oggi è visitabile.
Foto: BlogSicilia