Pippo Giordano
La “sporcizia” dello Stato deve essere ricercata agli albori della nascita della mafia in Sicilia e che ahimè la troviamo ancora oggi.. Il binomio Stato/mafia, così come le sentenze dei Tribunali hanno acclarato, è un componente essenziale per ampliare quel coacervo d'interessi tra le due parti. Affermo, che lo Stato non ha mai avuto né la volontà né l'interesse a combattere le organizzazioni criminali. L'impegno decantato persino a mo di megafono, è stato un annuncio di facciata solo per accontentare una popolazione provata dalle stragi mafiose. Invero, mentre gli investigatori antimafia tentavano, coi pochi mezzi messi a loro disposizione e talvolta anche negati, di chiudere le porte allo strapotere delle mafie, lo Stato, attraverso uomini rappresentativi, apriva i portoni ai mafiosi, consentendo loro di diventare più forti che mai. E, da questa dolosa assenza, che io definisco di “responsabilità oggettiva”, abbiamo avuto morti come Peppino Impastato, Pio La Torre, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, tanto per citarne alcuni.
In buona sostanza l'azione di sostegno fattivo e collaborativo dello Stato verso la mafia è stata il viatico per aumentarne il potere e soprattutto l'arroganza di Cosa nostra.
Il lucido ed esemplare comportamento di Peppino Impastato, ma se vogliamo di tutti i suoi coetanei che l'hanno seguito in quell'innovativo percorso di Legalità, dovrebbe essere per tutti gli italiani onesti la linfa per percorrere sentieri di equità e giustizia, dove al primo posto lo stesso Peppino, ha posto in essere l'onestà e la moralità. E, in quell'ambiente inquinato dalla mafia, inquinamento proveniente anche da suo padre, appartenente alla mafia, non è stato certamente facile il suo cammino. Ed è questo che a Peppino deve essere universalmente riconosciuto il pregio di aver combattuto la mafia anche dentro il suo focolare domestico. Se noi siciliani cresciuti con la cultura del silenzio e di cecità imposta, riflettessimo cos'era negli anni 70 la mafia e cos'era l'ambiente sociale, ci accorgeremmo che il sacrificio di Peppino Impastato è stato di una portata davvero gigantesca. Se chiudiamo gli occhi e tentiamo di immedesimarci in quel fragile ma forte ragazzo che era Peppino, noteremmo un “Gigante”: un gigante che ha tentato di togliere quel magma fangoso, rappresentato da Cosa nostra e che avviluppava la società di allora. Quindi, grande onore a quel gracile ragazzo, divenuto “Gigante” per avere aperto la sua mente al mondo. Peppino Impastato, è stato l'interprete principale di una sinistra che con tutte le forze si batteva in un territorio terribilmente ostile a siffatta cultura. Giova anche evidenziare che nel periodo di lotta dell'intera sinistra nell'agro palermitano contro la mafia, la chiesa Cattolica era apertamente schierata con la Democrazia Cristiana e questo senza dubbio ha rappresentato per Peppino e i suoi compagni, un ostacolo insormontabile. L'assassinio di Peppino Impastato è stato reso possibile, appunto, per gli elementi negativi che imperversavano nella società di quegli anni.
Esprimo subito il mio dissenso, tuttavia oramai noto, sull'affermazione del giudice Giovanni Falcone, quando ebbe a dire che la mafia era un fatto umano e che ha avuto un'origine e come tale avrà una fine. Ho sempre dissentito per contrapposta visione, dovuta ad una mia conoscenza della mafia sin da quanto indossavo i pantaloni corti. Infatti, nella mia adolescenza ho conosciuto capi e gregari di Cosa nostra e persino colui che la dirigeva prima di Totò Riina. Mentre la valutazione di Falcone, nasceva dal suo lavoro e quindi attraverso le fredde carte processuali. La mafia non è svanita e non svanirà. L'unico che è in grado di vincerla in modo definitivo è lo Stato, ma come ho detto prima non ha né l'interessa né la volontà di farlo. Interessi finanziari e politiche impediscono una serrata lotta contro tute le mafie: cito soltanto che i voti di scambio sono graditi. Oggi si può senz'altro dire che Cosa nostra, non la mafia, appare fortemente indebolita per gli arresti che hanno decimato il gotha. Ma è pure vero che il roboante silenzio di ora, è sinonimo di un riorganizzarsi senza tanto baccano e che mi porta a dire che Cosa nostra in questo momento è pericolosa, anche se non spara; illo tempore abbiamo avuto simile condizioni, ovvero che la pax mafiosa è il prodromo di una recrudescenza.
Oggi, abbiamo in campo i giovani, abbiamo associazioni che imprimono un giornaliero dibattito sulle realtà mafiose italiane. Il loro impegno mi fa ben sperare nel cambiamento e soprattutto mettere il fiato addosso ad una classe politica sorda ai richiami e all'esigenza di Legalità. Sono particolarmente felice che i giovani hanno deciso di stare a fianco ai martiri della violenza mafiosa: lo ammetto col cuore gonfio di tristezza, prima seppellivamo i nostri morti, noi della Polizia, in assoluta solitudine. La società palermitana era assente.