“Sono arrivata in Italia 12 anni fa, ed ho scelto la Calabria perché avevo degli amici che vivevano qui“. A parlare è Irina, giovane donna di origini ucraine che adesso, alla domanda, ‘da dove vieni?’ risponde orgogliosa ‘da Reggio Calabria’.
Come lei, tanti stranieri vivono e lavorano nel nostro paese da anni, sono ben integrati e non rimpiangono la madrepatria. Per Irina, una dei circa 6.000 ucraini che abitano in Calabria di cui2.000 nella sola provincia di Reggio, e per altri, la scelta dell’Italia e della città dello Stretto nasce dal fatto di avere già dei contatti sul luogo: all’inizio, infatti, le difficoltà di comprensione della lingua e delle normative locali su visti e permessi di soggiorno spingono moltissimi stranieri a ‘fare rete’ ovvero, a contattarsi a vicenda per iniziare la vita nel nuovo paese d’accoglienza.
Irina lavora come donna di servizio; ammette di non essersi mai sentita vittima di odio razzista né religioso. Lei è di fede ortodossa, e qui a Reggio partecipa alla vita religiosa del gruppo ortodosso. Ha dei nuovi amici, e forse quest’anno non andrà in Ucraina a causa dell’incerta situazione politica.
Santa, invece, è nata nel isola di Mauritius, un paradiso terrestre che ha lasciato all’età di 20 anni per venire in Italia assieme al marito. Prima tappa Bergamo, poi Catania, dove ha cresciuto i suoi figli e dove ha anche studiato, iscrivendosi all’università e conseguendo una laurea in Scienze Politiche. Ma dopo una vita di sacrifici, lavorando come donna di servizio, studiando di notte per ottenere la laurea e così sperare di cambiare lavoro, molte porte le si chiudono in faccia.Nessuno vuole assumere una laureata di origini straniere.
Per Santa, gli stranieri in Italia vengono visti solo come forza lavoro, braccia per l’agricoltura e attività manuali. Adesso ha lasciato l’Italia per ricominciare da Londra dove spera che i suoi titoli vengano riconosciuti.
Per molti stranieri l’Italia è ancora una terra promessa da cui ripartire e lasciarsi alle spalle povertà, miseria se non addirittura persecuzioni e guerre, ma molti restano relegati ad uno status economico e sociale minore. Ciononostante, non mancano folti gruppi etnici anche nelle regioni del sud come Calabria e Sicilia, a dimostrazione che se, da un lato, i ‘nostri’ vanno altrove rincorrendo l’impiego, altri trovano qui la loro sistemazione.
Veniamo ai dati: in Calabria la comunità di stranieri più consistente è quella dei rumeni che sono all’incirca 24.000; 12.000 sono i marocchini, 6.000 gli ucraini, 2.600 gli indiani, 2.700 icinesi, 4.000 i polacchi, 2.500 i filippini, 4.500 i bulgari, e 3.700 gli albanesi (fonte Istat, aggiornata al 2011).
Nella provincia di Reggio, secondo un rapporto della Prefettura, la popolazione straniera si concentra prevalentemente nei comuni più grandi. Circa il 65% degli stranieri risiede infatti nei 12 comuni della provincia con popolazione complessiva superiore ai 10.000 abitanti. Il solo comune capoluogo, assorbe da solo circa il 38% delle presenze, con una concentrazione percentuale di cittadini stranieri sensibilmente superiore al corrispondente rapporto percentuale tra popolazione complessiva del comune e popolazione provinciale. A seguire troviamo le tre principali città della piana, Gioia Tauro (4,17%), Palmi (3,7%) e Rosarno, che tuttavia, ha ridotto di parecchio la presenza negli ultimi tre anni. Rilevanti i casi dei comuni di Riace, Stignano e Roghudi. Il primo infatti conta una presenza di stranieri residenti pari al 14,6% della popolazione, il secondo del 12,4%, il terzo dell’11,8%. Nel caso di Riace, il dato è dovuto principalmente ad un peculiare progetto di accoglienza varato dall’amministrazione comunale, che in tal modo ha contrastato lo spopolamento per emigrazione.
In Sicilia, numerosa è la comunità del Bangladesh, circa 4.500 persone; 6.6oo cinesi, 10.000 sri lankesi; 3.000 mauriziani; 40.000 rumeni; 16.000 tunisini; e 7.000 albanesi. (fonte Istat, aggiornata al 2011).
Le grandi città siciliane come Palermo, Catania e Messina ospitano le comunità più consistenti. Mentre rumeni, marocchini, e albanesi svolgono attività per conto di terzi, diverso è il caso dellecomunità cinesi, che solitamente aprono attività commerciali in proprio per la vendita al dettaglio e all’ingrosso.
A distanza di decenni dall’inizio delle ondate migratorie anche nel Sud Italia, non sembra cambiare lo status economico-sociale degli immigrati. Per molti di loro è comunque una conquista vivere nel nostro paese. E, sia Irina che Santa, guardando le immagini di tanti migranti morti per raggiungere l’Italia, non possono che riflettere su quanto siano fortunata…
Serena Freni
StrettoWeb