Dal 1 gennaio entrerà in vigore il nuovo modulo ISEE, ovvero l’indicatore dello Stato Patrimoniale di una famiglia. Una stretta, già annunciata dal governo Monti, volta a evitare le emorragie di denaro che proprio non possiamo permetterci. 2 miliardi sembrano già essere stati perduti, soldi, che secondo uno studio del dipartimento Welfare della Cgil sono capitati a persone che non ne avevano diritto. L’80% degli italiani dichiara infatti di non avere un conto in banca, uno dei requisiti fondamentali per poter ricevere ad alcuni dei servizi che vengono garantiti alle categorie in necessità dall’INPS.
Una percentuale un po’ troppo elevata; si stima infatti che almeno il 20% di loro menta, con il risultato che soldi importanti, per il Paese e per le famiglie, finiscono nelle mani sbagliate. Come fare per evitarlo? Il Ministero ha già in programma di ridurre lo spazio volto all’autocertificazione, e di includere, nella dichiarazione, non soltanto il proprio reddito famigliare ma anche il patrimonio, quindi tutto quanto in possesso del nucleo famigliare: dalla casa all’auto; e sotto controllo finiranno anche i redditi, in particolare attraverso un incrocio tra i dati dichiarati e quelli risultanti all’Agenzia delle Entrate.
L’accordo è stato firmato già qualche giorno fa, restano gli ultimi dettagli, da intendersi nelle mani del Ministero del Welfare. Molte già le polemiche; i disabili, o le famiglie con un disabile a carico, lamentano l’impossibilità di adeguarsi alle nuove regole. 25 associazioni hanno già presentato ricorso al Tar per capire se per ‘reddito’ si intendono anche le somme ‘fiscalmente esenti’; una possibilità che se effettiva potrebbe provocare un aumento dell’ISEE per tutte quelle famiglie che ne avrebbero bisogno, con un conseguente scivolone verso la parte bassa della graduatoria.
Si attende dunque il 19 novembre per la sentenza del Tribunale del Lazio, che semmai dovesse avere esito favorevole per le famiglie, si tradurrebbe in nuove modifiche sul modulo, che porterebbero ad uno slittamento delle nuove norme, a dopo il 1 di gennaio.
Qualcosa era già cambiato con il governo Letta, lo scorso dicembre, ma evidentemente non è bastato: maggior peso era stata data alla componente patrimoniale e nel reddito erano incluse anche le somme fiscalmente esenti come le indennità appunto, gli assegni sociali e i sussidi.
Autore | Enrica Bartalotta