Il territorio siciliano custodisce straordinarie testimonianze del passato. Alcune di esse oggi sono allo stato di ruderi, ma non per questo hanno perso quel fascino che le ha contraddistinte nei secoli. Tra le aree archeologiche più ricche e importanti della Sicilia, vi è sicuramente quella di Agrigento ed è qui che ci fermiamo oggi, perché vogliamo conoscere meglio il Tempio di Zeus Olimpio. Nel marzo del 2021 partiranno quattro cantieri sull’area di questo Tempio: si tratta di uno degli interventi più importanti degli ultimi anni per il grande Parco. Secondo quanto ci hanno tramandato gli storici, doveva essere meraviglioso, uno dei più grandi dell’Occidente. Nel 1787, Goethe ne visitò le rovine e lo descrisse così: «La sosta successiva fu dedicata alle rovine del Tempio di Giove. Esse si stendono per un lungo tratto, simili agli ossami d’un gigantesco scheletro […] In questo cumulo di macerie ogni forma artistica è stata cancellata, salvo un colossale triglifo e un frammento di semicolonna d’ugual proporzione». Ma cosa lo rendeva così unico? Scopriamolo insieme.
L’Olympieion di Agrigento fu eretto nell’antica Akràgas dopo la vittoria di Terone sui Cartaginesi, nella battaglia di Himera del 480 a.C. Era un vero e proprio ex voto, simbolo materiale della potenza del tiranno. Era un grande tempio dorico di oltre 56 metri di ampiezza per oltre 113 di lunghezza, per un totale di 6340 mq. Queste misure erano superiori a quelle del Tempio G di Selinunte. Formato da blocchi di calcarenite, fu una novità per il tempo, per le diverse soluzioni architettoniche impiegate, con semicolonne scanalate (14 sui lati lunghi e 7 sui lati brevi) alte quasi 20 metri. In ogni scanalatura poteva stare comodamente un uomo. Stando a quanto riporta Diodoro Siculo, il timpano era decorato con scene della Gigantomachia e della guerra di Troia. Lo storico riporta che era rimasto incompiuto, senza copertura. I telamoni (alti quasi 8 metri) dovevano trovarsi a circa 11 metri di altezza rispetto al pavimento, appoggiati su mensole e con il busto ancorato alla muratura. Gli storici non sono ancora concordi sul loro numero: si ritiene che i telamoni abbellissero la sola facciata del tempio e non correre sull’intera lunghezza.
Il Tempio di Zeus Olimpio crollò totalmente durante un terremoto avvenuto il 19 dicembre 1401. Alcune parti dell’edificio in età moderna vennero usate (ancora nel secolo XVIII) come cava di pietra per la realizzazione dei moli dell’attracco di Porto Empedocle. Nel 1928 fu effettuata una campagna di scavi che riportò alla luce diversi reperti, tra cui i resti di quattro telamoni, di cui uno ricostruito interamente. Oggi ciò che vediamo è un insieme di rovine. L’aspetto complessivo del tempio è noto, a grandi linee, ma sussistono ancora molte controversie sui particolari importanti della ricostruzione dell’alzato, cui è dedicata un’intera sala del Museo Nazionale. La gigantesca costruzione era interamente realizzata a piccoli blocchi, comprese le colonne, i capitelli, i telamoni e gli architravi.
La descrizione di Diodoro parla di scene della gigantomachia ad est e della guerra di Troia ad ovest. Si è discusso se egli parli di decorazione frontonale o di semplici metope, ma la scoperta recente di un attacco tra un torso di guerriero ed una bellissima testa elmata di pieno stile severo, conferma che il tempio aveva una decorazione marmorea a tutto tondo. Secondo Diodoro, l’Olympeion rimase incompiuto per la conquista cartaginese. Sarebbe stato privo di tetto per le continue distruzioni subite dalla città. Di esso restano visibili l’angolo sud-est, due tratti settentrionali della pseudo-peristasi, i piloni del pronao, dell’opistodomo e metà circa del lato nord della cella. Intorno ai resti del basamento si conservano, talora in posizione di caduta, alcune parti dell’alzato, nonché la ricostruzione di un capitello e di un telamone. Davanti alla fronte orientale è visibile il basamento a pilastri dell’altare, non meno colossale del tempio. Presso l’angolo sud-est del Tempio di Zeus Olimpio si conserva un piccolo edificio a due navate con profondo pronao, doppia porta d’accesso ed altare antistante.
Foto: Selinous