Non so se in qualche altra parte della Sicilia ne esistono ancora; ma a Termini Imerese don Pinù è sicuramente l’ultimo siggiaru. Egli è rimasto l’unico depositario dei segreti di questa antica arte che, per tanti anni, nella nostra città servì a sfamare decine di famiglie. Erano infatti numerosi fin negli anni cinquanta, e la maggior parte di loro teneva bottega nella parte bassa della città; ed in particolar modo nella via Denaro Pandolfini che infatti, tanti termitani, ancora oggi conoscono come “a strata i siggiara”. U siggiaru stesso si occupava spesso del ritiro e della consegna; e non era inusuale incontrarlo per le strade carico di sedie mentre abbanniava con voce stentorea “Va inchitivi i seggi” – Le sedie più comuni erano quelle con la seduta in cordicella di zabbara, (dall’arabo sabbara) ricavata da fili di agave opportunamente intrecciati. Erano considerate le sedie dei poveri e venivano anche dette “seggi di chesa” poiché erano proprio del tipo utilizzato nelle chiese. Poi c’erano quelle più raffinate ed eleganti in paglia di Vienna chiamate di finucchinu che u siggiaru trattava quasi con rispetto. Era bello vederli lavorare. Ma era uno spettacolo osservare soprattutto il movimento sicuro e veloce delle mani che senza sosta tiravano, intrecciavano, annodavano; e, laddove necessario, aggiustavano anche sbarri, cavigghi e jammi. Don Pinù ormai avanti con gli anni è rimasto solo; non trova giovani a cui tramandare la sua arte e qualche giorno fa gli son venuti gli occhi lucidi quando, trovandomi a parlare con lui, mi ha esternato con rammarico e nostalgia il suo dispiacere dicendo: “Oramai stu misteri muriu, e u nnu voli fari cchiù nuddu” !!
Agrigento