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Muluneddu ro sali. Leggendo queste parole, si pensa istintivamente a un piccolo “muluni“, cioè al classico frutto dell’estate. In realtà, ciò di cui parleremo oggi non ha nulla a che vedere con la frutta, le angurie o i meloni. Il Muluneddu ro sali, infatti, era un contenitore formato da canne di forma cilindrica, legate tra esse. Si trovava nelle cucine siciliane e serviva a conservare un tipo di sale molto prezioso, più fine dello zucchero a velo. Questa tipologia di sale si formava, ovviamente, nelle saline. Ai lati di queste fioriva una patina sottile e salata, chiamata “sali scuma”, cioè schiuma di sale, che veniva raccolta. Questa veniva conservata all’interno dei “muluneddi” e veniva utilizzata dalle massaie per cucinare in casa.

I siciliani hanno una grande tradizione, quando si parla di produzione del sale. La Sicilia è una delle tre regioni che producono più sale in Italia. L’area di eccellenza è quella del trapanese, dove si raccoglie il sale marino di Trapani IGP. Il sale vanta una storia antica, poiché era conosciuto fin dall’epoca fenicia e greca. Nell’antichità si facevano essiccare i pesci dentro laghi di sale, per poi mangiarli: questo era considerato il piatto della povera gente. Un tempo in Sicilia vi erano molte più saline, poiché anche in provincia di Siracusa c’era una grande produzione. Questa vide una brusca interruzione nella seconda metà del Novecento.

La produzione di sale marino ancor oggi resiste in maniera notevole, nella provincia di Trapani, dove il settore artigianale è stato lasciato libero di progredire. Le saline presenti in Sicilia hanno fatto la storia del sale per questa regione. Tra i caratteristici sali dell’isola si trovano il fior di sale all’arancia e il fior di sale al limone, prodotti con il sale marino e i frutti degli alberi.

Foto Wikipedia

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