Mariannina Coffa Caruso (Noto, 30 settembre 1841 – Noto, 6 gennaio 1878) è stata una poetessa siciliana.
[Nulla attraversa questo mondo che non lasci un segno profondo…
Nulla che non sia speciale e non redimi le coscienze dal buio dell’incosapevolezza poliedrica dell’Essere. Provocazione o essenza vera … Comunque un qualcosa su cui discutere e che valga la pena ricordare e commentare…
Mariannina sarà questo e altro in un futuro presente e lontano da noi…
(Nina)]
«Psiche è il mio nome: in questo nome è chiusa La storia del creato»
(Mariannina Coffa, da Psiche)
Mariannina Coffa Caruso, detta “la capinera di Noto”, poetessa, nata a Noto (Siracusa) nel 1841 e morta a 36 anni, fu una bambina sensitiva e precocemente ispirata che il padre, noto avvocato e patriota, impegnato nella rivoluzione del 1848, si compiaceva di fare esibire nei salotti e nelle accademie con le sue poesie improvvisate su temi dettati estemporaneamente. Dopo qualche anno di collegio in cui imparò versificazione e un po’ di francese, le fu messo accanto come precettore un canonico zelante allo scopo di istruirla e disciplinare insieme gli slanci del carattere e dell’estro.
A 14 anni, cominciò a prendere lezioni di piano dal 25enne Ascenso Maceri, diplomato al Conservatorio di Napoli, vicino all’ambiente del Ministro Matteo Raeli e autore di drammi storici che saranno rappresentati alla Fenice di Venezia. Dopo un breve fidanzamento ufficiale con il bell’Ascenso, la famiglia le impose di sposare, a 18 anni, un ricco proprietario terriero di Ragusa, tal Giorgio Morana, che la recluderà nella casa del padre, un vecchio e rozzo despota, il quale le impedirà persino di scrivere, ritenendo che “lo scrivere rende le donne disoneste” (“Lettera di Mariannina ad Ascenso”, Ragusa 17-I-1870).
Sarà perciò costretta a scrivere le sue poesie di notte, nella sua camera da letto, alla flebile luce di una candela. Intanto, tra gravidanze e cura dei figli e della casa, intreccerà una relazione epistolare con l’orgoglioso fidanzato di un tempo, che non le perdonerà mai, però, la supina resa al volere dei genitori, e sarà costretta a vivere una vita sdoppiata, iscrivendosi nascostamente ad associazioni ed accademie italiane e straniere e pubblicando per riviste nazionali.
L’amicizia con un dotto medico siciliano, Giuseppe Migneco, omeopata e magnetista, famoso per le efficaci cure prestate in occasione delle epidemie di colera, ma più volte esiliato per “esercizio di arte diabolica” e “spiritismo”, la introdurrà ai metodi del sonnambulismo e agli arcani del magnetismo animale o messmerismo, sistemi anatemizzati dal Papa e coltivati all’interno di élites massoniche democratiche. Saranno questi i sistemi, prodromi della successiva matura Psicanalisi, coi quali la poetessa cercherà di curare le malattie e i disagi del suo corpo e della sua psiche. Ne nascerà l’ultima straordinaria, purtroppo breve, stagione poetica, fitta di riferimenti simbolici al “gran concetto” e improntata alla “protesta metafisica”, dopo la prima giovanile poesia patriottica di maniera e l’intermedia fase intimista.
Prostrata dalle emorragie, abbandonerà la casa ragusana del suocero rifugiandosi a Noto, nella casa dei genitori, che non esiteranno a cacciarla via perché non ricada su di loro il disonore della separazione dal marito e dai figli, e finirà i suoi giorni tra la fame e gli stenti, assistita da un anziano medico omeopata: nessun familiare vorrà pagare le prestazioni di un chirurgo catanese il cui intervento avrebbe potuto probabilmente salvarle la vita.
Ai solenni funerali a carico del Comune, che proclamò il lutto cittadino, nessuno della famiglia seguì il feretro, ma una folla di autorità e gente comune accorse a rendere omaggio alla “Saffo netina” che sfilava per l’ultima volta accompagnata dalle insegne solenni della Loggia Elorina.
(a cura di Marinella Fiume – dal sito: www.arabafelice.it)
Psiche
Datemi l’arpa: un’armonia novella
Trema sul labbro mio…
Vivo! Dal mio dolor sorgo più bella:
Canto l’amore e Dio!
Psiche è il mio nome: in questo nome è chiusa
La storia del creato.
Dell’avvenir l’immago è in me confusa
Coi sogni del passato.
Psiche è il mio nome: ho l’ale e son fanciulla,
Madre ad un tempo e vergine son io.
Patria e gioie non ho, non ebbi culla,
Credo all’amore e a Dio!
Psiche, chi mi comprende? Il mio sembiante
Solo ai profani ascondo;
E nei misteri del mio spirto amante
Vive racchiuso un mondo.
Nei più splendidi cieli e più secreti
Sorvolo col desio:
Nata ad amar, sul labbro dei Profeti
Cantai l’amore e Dio.
Psiche è il mio nome: un volgo maledetto
Pei miracoli miei fu mosso a sdegno,
E menzognera e stolta anco m’han detto,
Mentre sui mondi io regno!
Eppur le voci d’una turba ignara
Fra i miei concenti oblìo:
Nello sprezzo dei tristi io m’ergo un’ara
E amor contemplo e Dio.
Psiche! Ogni nato colle ardenti cure
Di madre io circondai,
E il supplizio dei roghi e le torture,
Figlia del ciel, provai.
Nell’infanzia dei tempi, il gran mistero
D’ogni legge fu servo al genio mio:
Di Platone e di Socrate al pensiero
Svelai l’amore e Dio!
L’arte, le scienze, le scoperte, i lenti
Progressi dell’idea, chi all’uomo offria?
Io sui ciechi m’alzai, fra oppresse genti
Schiusi al pensier la via.
Psiche è il mio nome… il raggio della fede
Rischiara il nome mio:
E, Umanità, chi al nome mio non crede
Rinnega amore e Dio!
Ogni lingua, ogni affetto, ogni credenza
Col mio potere sublimar tentai:
Serbando illesa la divina essenza,
Forma, idioma ed essere mutai.
Or vittoriosa, or vinta, or mito, or nume,
Or sobbietto di scherno, or di desio,
Col variar di lingua e di costume,
Svelai l’amore e Dio!
Pria che fosse la terra, io le nascose
Fonti del ver mirai:
Vissi immortale fra le morte cose,
Me nel creato amai.
Eppur la terra non comprese ancora
Le mie leggi, il mio nome, il senso mio:
Conosce il mio poter… sol perché ignora
Che Psiche è amore e Dio!
Dio, Psiche, Amor! si vela in tal concetto
Il ver, la forza, l’armonia, la vita:
Son tre mistiche fiamme e un intelletto
Che un nuovo regno addita.
O Umanità! La scola del passato
Copri d’eterno oblìo,…
Quel Bene che finora hai vagheggiato
È Pische, è Amor, è Dio!
(Poesia tratta dal libro “Sibilla arcana”)